17 Agosto 2006
Gradisca d'Isonzo. …. Dal nostro inviato
L'auto della Polizia staziona ventiquattro ore su ventiquattro davanti al muro grigio dell'ex caserma Polonio, il Centro di Temporanea Permanenza e Assistenza più moderno d'Italia, l'unico del Nordest. Gradisca d'Isonzo è finita, suo malgrado, nella geografia delle strutture per gli immigrati clandestini in attesa di identificazione o di espulsione. E quell'auto che richiede l'impiego di sei poliziotti al giorno (divisi in tre turni) è una vedetta anti no-global, o Disobbedienti, o ragazzi del centri sociali che dir si voglia. Perché Luca Casarini, prima ancora che si scatenassero le polemiche su via Anelli, aveva lanciato per autunno una campagna di manifestazioni continue, provocazioni, incursioni, forme di protesta con lo scopo di far chiudere il Cpt della discordia in terra friulana, che non è voluto neppure dalla Regione, dalla Provincia di Gorizia e dal Comune di Gradisca.
Adesso sono in molti a caldeggiare, in Veneto, la proposta di un'analoga struttura regionale, proprio per far fronte agli effetti dei massicci controlli e dei blitz nel ghetto di Padova. Ma basta venire davanti a questo Centro a suo modo avveniristico, costato la bellezza di 26 milioni di euro, per capire quanto sia difficile la gestione di questi centri. Per il semplice fatto che non ci sono nemmeno i soldi - e quindi gli uomini - per far funzionare questo, che è sorto ben oltre il Tagliamento, verso il confine orientale, perché la linea immaginaria che divide l'Italia dalla Slovenia è da sempre considerata "il buco nella rete" del sistema di Schenghen. Il che significava, anni fa, centinaia di ingressi clandestini al giorno, attraverso le montagne del Carso. Ma se anche quel flusso si è poi in parte arrestato, o è soltanto diventato più invisibile o ha trovato altre strade per raggiungere l'Europa opulenta, il Cpt di Gradisca è stato ugualmente aperto lo scorso 7 marzo.
Per funzionare, funziona benissimo. Ma a scartamento ridotto. Potrebbe ospitare 250 persone, e per accogliere un tal numero di clandestini è stato tarato, ma mediamente gli ospiti sono una sessantina. Meno di un quarto della capienza. Uno spreco di risorse, se si pensa al denaro investito dal Ministero dell'Interno. Perché?
«Il Cpt va avanti a ranghi ridotti perché non c'è personale sufficiente per la vigilanza. E il Ministero non ha altri uomini da mandarci». Angelo Obit , sindacalista di lungo corso nella Polizia di Stato, esponente del Sap, ha le idee piuttosto chiare. E non le ha mai nascoste, visto che ha cominciato con i dirigenti un braccio di ferro ancor prima che il Cpt venisse aperto. Per una questione di organici, ma anche per una ragione di sicurezza, visto che l'impegno della Questura di Gorizia è assorbito in buona parte dal supporto dato all'attività del Centro.
«Al momento il Cpt può funzionare grazie alle 90 unità che sono state aggregate ancora a marzo. Ma queste sono sufficienti per garantire condizioni di sicurezza per un numero di persone molto inferiore alla capienza. Per andare a pieno regime ne servirebbero molte di più». Il Ministero ha messo a disposizione 10 agenti per il settore amministrativo, 40 agenti di Polizia provenienti dal Reparto Mobile di Padova, 20 carabinieri e 30 finanzieri.
Fatto qualche calcolo, Obit spiega: «Il personale, che opera a rotazione in cinque turni giornalieri, consente la presenza di 18 agenti per turno cui vanno aggiunti due operatori della Questura di Gorizia nella sala operativa, ovvero un ispettore di turno e un operatore delle qualifiche esecutive, più il nucleo dell'Ufficio Immigrazione che opera materialmente per le identificazioni ed è presente al mattino e al pomeriggio». Sono questi numeri a spiegare, oltre le considerazioni di chi è a favore o contro il Cpt, perché senza un impegno sugli organici sarà impossibile aumentare gli ingressi a Gradisca.
I clandestini non sono detenuti, ma vengono trattati in regime di restrizione della libertà. E per il 90 per cento provengono da strutture carcerarie o da ambienti vicini, il che significa che la sicurezza è un tema fondamentale. Lo dimostrano anche le evasioni avvenute da marzo ad oggi (si veda l'articolo qui sotto) che denotano una carenza nel sistema informatico di rilevazione degli spostamenti interni. Se si verificano è anche perché un agente in sala operativa deve controllare da solo una settantina di telecamere contemporaneamente e perché i sensori che attivano le telecamere quando una persona supera determinati sbarramenti hanno lasciato zone d'ombra. E quindi gli agenti si sono accorti all'esterno solo all'ultimo momento di un tentativo di fuga in atto.
Insomma, il Cpt più moderno e più grande d'Italia, ha molte falle. Ma si tratta di un lager, come affermano i contestatori (no-global, Verdi, sinistra radicale), o di una specie di albergo come è arrivato a dichiarare il sindacato di Polizia? Due mesi fa gli attivisti dell'Assemblea permanente contro i Cpt convocarono una conferenza stampa di denuncia sulla base di un'intervista in Internet con un senegalese appena uscito da Gradisca. Diceva di aver dovuto pagare 300 euro per acquistare beni di sussistenza, si lamentava per il trattamento e per cure insufficienti, riferiva di scioperi della fame e tentativi di autolesionismo per ottenere attenzioni sanitarie, parlava di trasferimenti punitivi. Pronta la replica del sindacato di Polizia: «Noi svolgiamo il nostro lavoro con umanità. Le camere sono dotate di televisore satellitare con abbonamento a Sky. C'è un orario elastico - tipo albergo - per le colazioni, a pranzo e cena gli immigrati vengono serviti al tavolo tenendo conto anche delle esigenze religiose. All'ingresso vengono vestiti completamente, gli viene fornita una scheda telefonica e settimanalmente la ricarica. In più ricevono un pacchetto di sigarette al giorno».
Giuseppe Pietrobelli
Gradisca d'Isonzo Macchè sicurezza …. Dal nostro inviato
«Macchè sicurezza, ogni notte qualcuno sale sul tetto. E ci va per studiare la fuga. Hanno tutto il giorno per pensare a come andarsene di qui....». Angelo Obit , del Sindacato Autonomo di Polizia, lancia un atto d'accusa molto grave. Lo aveva fatto un paio di mesi fa, ma pare che sia rimasto inascoltato. Lo ripete adesso che il ministro Amato ha insediato una commissione d'inchiesta per verificare le condizioni di vita nei Cpt.
«Da Gradisca è possibile scappare perché c'è una zona d'ombra nel sistema elettronico. Gli immigrati la imparano piuttosto in fretta, anche perché chi già si trova dentro la comunica ai nuovi che arrivano». È la comunicazione orale, accoppiata all'esperienza personale, a diventare l'arma decisiva per giocare a rimpiattino con gli ultimi ritrovati della tecnologia. Perché anche se l'ex caserma Polonio non è una prigione, ci si trova pur sempre in presenza della privazione della libertà prima del rimpatrio dei clandestini. E quindi persone che hanno rischiato la vita in mare per lasciare l'Africa e raggiungere Lampedusa o altre coste italiane, sono pronte a tutto pur di non ritornare da dove erano partite, pagando per di più un sacco di soldi ai trafficanti di uomini.
Gli esperti avevano giurato che dal Cpt di Gradisca non sarebbe scappato mai nessuno. Acciaio, cemento, cancelli, camminamenti. Ma soprattutto una settantina di telecamere, nascoste nei soffitti, nelle pareti, nei pavimenti. E un numero indefinito di sensori, pronti a segnalare quando gli immigrati clandestini entrano nelle zone proibite o si aggrappano alle inferriate, cercando una via di fuga. In realtà in sei mesi ne sono scappati quattro, solo tre dei quali riacciuffati. Il Sindacato di Polizia denuncia non per disfattismo, ma perché ogni giorno sono gli agenti a mettere in gioco la propria incolumità. «Il sistema d'allarme non copre tutto - spiega Obit - perché non sempre i sensori fanno scattare le telecamere in sala controllo. Qui ci troviamo di fronte a gente agile, veloce, che pensa solo a come può scappare».
Il bilancio è tutt'altro che positivo. I primi due si dileguarono un mese dopo l'apertura del Centro, in aprile. Un marocchino venne bloccato ancora vicino al muro esterno, un tunisino invece si era nascosto in zona industriale, ma il giorno dopo l'avevano riacciuffato. Nel frattempo dalla farmacia erano scomparsi dei medicinali. Poi le altre fughe. A metà giugno un marocchino ha superato indenne la prima barriera. L'allarme è suonato solo quando era già a metà della seconda. Gli agenti se ne erano ovviamente accorti, ma quando si erano mossi era ormai troppo tardi. Il clandestino aveva un vantaggio ormai decisivo e si era lasciato andare dall'altra parte del muro, dileguandosi nella notte.
Almeno a Gradisca, visto l'esiguo numero di ospiti, il rischio di insurrezioni interne è ridotto. Ma così non accade in altre realtà italiane dove, nonostante lo Stato spenda mediamente 320 mila euro per tenervi i clandestini, gli incidenti sono numerosi. I Centri di Permanenza Temporanea e Assistenza o i Centri di Identificazione sono in tutto 17. Eccoli: Cpta "Brunelleschi" a Torino, Cpta di via Carelli a Milano, Cpta "la Marmora" a Modena, Cpta "Enrico Mattei" a Bologna, Cpta Ponte Galeria a Roma, Cpta Regina Pacis a S. Foca di Melandugno (Lecce), Cpta a Restinico (Brindisi), Cpta "Malgradotutto" a Lamezia terme, Cpta "Pian del Lago" a Caltanissetta, Cpta Contrada San Benedetto ad Agrigento, "Serraino Vulpitta" a Trapani, Cpta a Lampedusa, Cpta "Polonio" a Gradisca d'Isonzo (Gorizia), Cpta/CdI di Foggia, CdI di Bari-Palese, CdI di Otranto e CdI Sant'Anna di Crotone. Sullo stato dei Cpt italiani è stato presentato pubblicato recentemente un "libro bianco" preparato da parlamentari di sinistra e da associazioni impegnate nella tutela dei diritti umani degli immigrati. G. P.