del 28 ottobre 2000
CRONACA DI GORIZIA
EMERGENZA CLANDESTINI. «Le istituzioni incapaci di affrontare
in modo serio il problema» Imballata la rete della Transalpina
Ieri mattina la protesta del Sindacato autonomo di Polizia davanti al
"confine fantasma"
L’avevano annunciato: «Impacchetteremo un tratto della "grande
voragine" chiamata confine di stato». Hanno mantenuto la promessa: alle 11
di ieri mattina, alcuni rappresentanti del Sindacato autonomo di Polizia
"armati" di cellophane e bombolette spray hanno imballato alcune
decine di metri della rete che all’altezza del piazzale della Transalpina
divide la Slovenia dall’Italia, imbrattandolo poi con la scritta "Confine
fantasma".
«Altro che sbarchi in Puglia, l’emergenza si vive anche qui, lungo i 280
chilometri di confine che ogni giorno vengono attraversati clandestinamente da
centinaia di immigrati». Questo, in sintesi, il messaggio dei manifestanti,
poliziotti e sindacalisti provenienti da tutta la regione e dal Veneto per
presidiare uno dei punti della frontiera più "battuti" dalle frotte
di extracomunitari in fuga dal proprio paese: 2 mila 500 rintracci nel solo mese
di ottobre, 12 mila dall’inizio dell’anno. E dire che il piazzale della
Transalpina, oggi autentico "colabrodo" di gente di tutte le razze,
fino a una decina di anni fa evocava ai goriziani l’idea della "cortina
di ferro", della chiusura a tutti i costi verso l’est. Con l’Europa
unita e l’accordo di Schengen, Gorizia ha compiuto un notevole passo in
avanti, trasformandosi nella "porta" di tutti i partner della
Comunità. Il problema, per l’Italia, è però quello di riuscire a garantire
il controllo di quel varco.
«Siamo qui per catalizzare l’attenzione dell’opinione pubblica e dei governatori - ha dichiarato Franco Maccari, segretario nazionale del Sap -: poco o niente conoscono delle dimensioni sempre più preoccupanti che il fenomeno clandestino va assumendo anche lungo questa fascia confinaria. Gorizia è una città piccola, eppure il suo numero di ingressi illegali eguaglia quello dell’intera Puglia: siamo a livelli folli». A complicare le cose è la mancanza di uomini e mezzi in misura proporzionata alle esigenze attuali: «Non è possibile - ha sottolineato il sindacalista - continuare a sottrarre poliziotti al loro servizio, per impiegarli nella vigilanza e nell’assistenza ai clandestini rintracciati e ammucchiati alla caserma Massarelli, a Casa Rossa. Esponendoli, tra l’altro, al rischio epidemie. E’ di oggi (ieri per chi legge, ndr) la notizia di un clandestino fermato in Slovenia e risultato essere portatore sano del virus Ebola».
La soluzione proposta dai manifestanti? Una terza via, un’alternativa al centro di temporanea permanenza e a quello di accoglienza di cui si parla e intorno a cui si dibatte da lungo tempo. «Suggeriamo una soluzione semplice e rapida: un centro di smistamento, dove alloggiare questa massa di disperati, in attesa di conoscerne l’identità e la provenienza e di deciderne il destino: espulsione o riammissione in Slovenia o affidamento a centri di temporanea accoglienza. Una struttura di questo tipo dovrebbe poter ospitare almeno 300 persone ed essere gestita da organizzazioni atte all’assistenza dei clandestini, penso all’Anolf e alla Caritas, eventualmente integrate dal supporto di militari dell’esercito». Niente a che vedere con il genere di sistemazioni "improvvisate" sino ad oggi: «Oggi ci sono dei veri e propri lager - ha denunciato Maccari -, posti in cui viene "depositato" di tutto: dai bambini, alle donne, alle persone ammalate».
I loro viaggi cominciano lontano e finiscono chissà dove. Gorizia rappresenta soltanto una tappa intermedia. Come ci ha spiegato Angelo Obit, segretario provinciale del Sap, indicandoci i buchi praticati in più punti della rete confinaria: «Quella è la strada che conduce al valico di Salcano e laggiù la rete finisce, niente più separa la Slovenia dall’Italia. I passeur scaricano qui i clandestini – ha raccontato Obit –, a un chilometro dal centro di Gorizia. A qualsiasi ora del giorno e della notte, queste persone montano su autobus o su taxi e si fanno accompagnare alla stazione ferroviaria, da dove partono diretti verso altre città italiane o estere». La storia si ripete ogni giorno, uguale per turchi, curdi, iraniani, bengalesi, alberini, kosovari e chi più ne ha più ne metta. Molti di loro finiscono per essere acciuffati dalla Polizia di frontiera, dalla Guardia di Finanza, dai Carabinieri, dagli uomini della Questura; molti altri riescono a farla franca. Ma sarà poi vero? C’è soltanto da augurargli buona fortuna, viste le pessime condizioni da cui fuggono e l’ignoto verso cui muovono, con pochi soldi in tasca e gli occhi di tutti puntati su di loro.