del 31 ottobre 2000
CRONACA DI GORIZIA
Medici e infermieri non riescono, sempre più spesso, a far fronte alle decine e decine di clandestini malati e denutriti
Immigrati, il pronto soccorso scoppi. Il direttore Baratti:
«Le nostre forze non bastano, abbiamo chiesto l’aiuto dell’Agenzia
regionale»
Il pronto soccorso dell’ospedale civile "scoppia". La miccia è
costituita dalle centinaia di clandestini che varcano ogni giorno il confine, il
detonatore da quelle decine e decine di disperati che, scortati dalle forze dell’ordine,
sono accompagnati in ospedale perché lamentano uno stato di salute precario. La
vicenda dell’altro giorno, con un giovane iracheno che sembrava soffrire di
scabbia ma che, per fortuna, è risultato affetto da una semplice forma di
psoriasi, ha rappresentato la goccia che ha fatto traboccare il vaso. A parte il
"rimpallo" fra sanitari e polizia sulla responsabilità di chi doveva
condurre l’extracomunitario in un centro infettivi della regione, una cosa è
indiscutibile: medici e infermieri del pronto soccorso, da quando l’emergenza
clandestini è esplosa ai ritmi di queste ultime settimane (mille arrivi in
sette giorni), sono sotto pressione. «Non siamo attrezzati per far fronte a un
flusso di persone così massiccio», spiega il direttore generale dell’Azienda
sanitaria, Gianni Baratti. E, in effetti, l’Ass sta cercando di correre ai
ripari. Di recente ha sollecitato l’intervento dell’Agenzia regionale della
sanità: «Abbiamo chiesto – si affretta a precisare Baratti – che tengano
conto di quest’eccezionale situazione per Gorizia, sia per ciò che concerne
il budget di risorse per il 2001 sia per quanto riguarda il possibile invio di
rinforzi. Con le nostre forze non ce la facciamo più».
Il problema non si limita alle centinaia di visite che i sanitari del pronto soccorso sono costretti a fare ogni settimana («per carità – spiega il manager della sanità isontina –, è gente che non può essere lasciata in mezzo a una strada»). Le difficoltà sorgono, piuttosto, a livello organizzativo, in piena notte e nei fine settimana, quando cioè entra in servizio la guardia medica. Può succedere che, nello stesso momento in cui la Polizia conduce in ospedale gruppi di immigrati bisognosi di una visita per problemi di salute o perché denutriti, alla guardia medica giunga una telefonata di un cittadino che richiede un intervento. Che fare in quel caso? Occuparsi, come la legge prevede, di chi paga il servizio sanitario nazionale o dare la precedenza a questi disperati? «Lo ripeto: è una situazione difficile e spero che, entro novembre, quando si discuterà il piano sanitario per il prossimo anno, l’Agenzia regionale ci dia una risposta – rimarca Baratti –, che venga incontro alle nostre richieste».
Nel frattempo, la "processione" continua. Chi non va in ospedale resta nella caserma Massarelli in attesa di essere accompagnato in Questura per le pratiche di riconoscimento. E ieri pioveva: nei locali della Massarelli, ci ha detto qualcuno, c’era il "tutto esaurito"...