del 28 dicembre 2000

 

Viaggio indiscreto nella caserma di Gradisca d’Isonzo che fra nove giorni dovrebbe ospitare l’annunciato centro d’accoglienza


Tutto fermo alla «Polonio» e l’emergenza continua

Nessuno sistema la struttura e a gennaio con i pattugliamenti italo-sloveni aumenteranno i rintracci



Un ordigno individuato, ma non ancora disinnescato. È l’emergenza clandestini lungo il confine goriziano. Un’emergenza a lungo sottovalutata, poi lievitata in estate e autunno. Fino alla visita clou, il 6 dicembre scorso, del ministro dell’Interno Enzo Bianco e dei responsabili nazionali delle forze dell’ordine. Prima di ripartire per Roma un’assicurazione: «Entro un mese i clandestini verranno ospitati nella caserma ’’Polonio’’ di Gradisca d’Isonzo. La struttura, dismessa nel 1997, è in buone condizioni e può diventare operativa in poche settimane...».

Una promessa che ha avuto l’effetto - immediato e sorprendente - di sedare gli animi, le polemiche, le accuse, le richieste sindacali, i blitz dei parlamentari alla Casa Rossa. Tutto da quel 6 dicembre è apparso sotto una luce diversa. Duecento clandestini ammassati alla Massarelli a cavallo di Natale? Pazienza, tra breve si avrà la «Polonio»... Superlavoro per le forze dell’ordine tramutate in assistenti sociali? Ancora per poco, con Gradisca sarà tutto diverso... Una caserma di polizia trasformata in centro d’accoglienza? Un mese e non sarà più tale...

La «Polonio» quale panacea di tutti i mali? Ebbene, se davvero l’emergenza clandestini non sarà più tale grazie al nascente centro di accoglienza gradiscano, siamo andati a vedere come procedono i lavori di sistemazione. Un’occhiata indiscreta per verificare se dalle promesse si sta passando ai fatti.
La struttura militare sorge sonnecchiosa in via Udine a Gradisca. Il muro di cinta, dalle crepe rattoppate con calcinacci e lastre metalliche, sintetizza un’austerità e una possenza che hanno ceduto il passo agli anni del declino. Come un generale ottuagenario, tra nostalgia e rimpianto la caserma indossa una divisa logora che nessuno riconosce più come tale. Il filo spinato spesso è solo un ricordo, così come i vetri infilzati per allontanare gli ormai improbabili invasori. Su un cancello scolorito un’unica presenza non datata: una massiccia catena a chiusura del portone d’ingresso.

All’interno lo spettacolo delude le aspettative. Nessun operaio, nessun materiale accatastato pronto per la messa in posa, neppure un accenno di «make-up». Insomma, nessun segno di vita. E, soprattutto, di ristrutturazione. Fra nove giorni scade il termine così perentoriamente definito dal ministro dell’Interno ai preoccupati sindacalisti dei poliziotti. Fra nove giorni - è stato sempre Bianco ad annunciarlo - partiranno le pattuglie miste italo-slovene per il controllo congiunto del confine. Pattugliamenti che garantiranno, almeno nelle intenzioni, un aumento dei rintracci dei clandestini. Ma se invece di fermare cento extracomunitari, la polizia di frontiera ne bloccherà 150, 200 o addirittura 300, in quale struttura verrà garantita una dignitosa assistenza in attesa delle pratiche del fotosegnalamento?

Nove giorni.... In realtà sono ancor meno, volendo escludere le diverse giornate festive che ci separano al 7 gennaio 2001. E la caserma «Polonio» è ancora lì, oggi come ieri. L’ossatura è valida. Le quattro palazzine che ospitavano cinque compagnie da 90 uomini ora possono accogliere agevolmente i clandestini. Lo spazio non manca. Volendo si può ipotizzare anche una suddivisione per sesso e, in caso di necessità, etnia.

Un quinto stabile ospitava l’infermeria. Qui, una volta riattivata, gli immigrati potranno essere sottoposti a visita medica, per tranquillità di chi opererà nella «Polonio» e per la comunità nella quale cercheranno poi l’integrazione.
Spazi da dedicare alla polizia e al personale della Scientifica per l’iter di identificazione possono essere ricavati nell’ancora valido corpo che una volta ospitava, proprio all’ingresso, gli uffici contabili e il corpo di guardia. Le ampie aree verdi, attualmente in stato di abbandono, infine, consentirebbero ai clandestini di muoversi nella struttura senza sentirsi «innocenti in gabbia», come alcuni magistrati milanesi hanno recentemente definito la loro condizione in alcuni centri di accoglienza.

I lavori necessari, obiettivamente, non sono moltissimi, ma bisogna pur iniziare. Vetri infranti da sostituire, stanze da tinteggiare, i letti e i mobili da reperire, l’acquedotto da riattivare, la cucina da risistemare. Senza poi contare i piccoli-grandi lavori legati alle più recenti norme di sicurezza e antinfortunistica o alla «banale» ma comunque impegnativa pulizia dell’area.

È difficile immaginare un exploit in nove giorni. Il giorno dopo la visita di Bianco, accompagnato da Gianni De Gennaro, Rolando Mosca Moschin e Sergio Siracusa (rispettivamente capo della polizia, comandante della Guardia di finanza e dell’Arma dei carabinieri), il sindaco di Gradisca diede il via libera per l’allacciamento dell’elettricità e dei telefoni. Il futuro della «Polonio» si è poi perso nell’oblio. Sabbie mobili della memoria e della burocrazia che hanno al momento garantito l’effetto - indubbiamente non trascurabile - di placare le polemiche e i blitz al confine. Ma non l’emergenza.

Roberta Missio