del 28 ottobre 2000
CRONACA DI GORIZIA
Tanti poliziotti da tutta la regione alla manifestazione indetta dal Sap
Il confine dell’esasperazione: «Dimenticati da Roma, acquistiamo i computer a spese nostre»
Roberta Missio
Sono
stanchi, esasperati. Se non si piegano all’emergenza, non lasciano i fascicoli
accumularsi, se continuano i pattugliamenti è perché, nonostante tutto,
credono ancora nella polizia. Ma non si può continuare a operare
nell’emergenza,
ad oltranza. Non si può sperare che uomini e donne in divisa continuino ad
acquistare da soli i computer, ma anche le cartucce d’inchiostro o le
stampanti che il Ministero si dimentica di
inviare
in questo lembo di Nord-est. Ecco perché, ieri mattina a Gorizia, erano davvero
in tanti alla manifestazione organizzata dal Sap durante la quale è stato
«impacchettato» un tratto di confine. Spesso queste proteste
raccolgono
solo qualche iscritto, i più coinvolti sindacalmente. Ma ieri sul piazzale
della Transalpina sono venuti in tanti: da Udine come da Trieste, da Monfalcone
come da Pordenone, oltre al segretario nazionale Franco Maccari. Bandiere e
striscioni affinché il grido d’allarme da Gorizia giunga fino a Roma. Perché
l’emergenza clandestini è oggi più che mai un caso nazionale.
Quello isontino è un confine a tratti realmente inesistente. Campi che si mescolano a strade sterrate, colline che si fondono a vigneti. Nell’area di Salcano è difficile anche comprendere se sei ancora in Italia. Proprio qui, lungo la strada che in territorio sloveno conduce al valico e in Italia si tuffa nei campi che costeggiano la fonderia Livarna, i poliziotti hanno scoperto uno degli ultimi varchi creati nella rete confinaria. E’ ampio, agevole: nessuno ha pensato neppure di «ricucirlo». Ma è solo un episodio, come tanti.
Così la stessa manifestazione del Sap si è svolta in quel piazzale della Transalpina dove di notte, in tutta tranquillità, i clandestini entrano in Italia. Non devono neppure faticare troppo. Dopo una manciata di metri dal cippo che delimita l’area territoriale c’è il capolinea dell’autobus. E’ la linea 1, quella che conduce, dritta dritta, alla stazione ferroviaria. Utilizzano le primissime corse del mattino. Ad attenderli, all’altro capolinea, praticamente nessuno. L’ufficio della polizia ferroviaria - tra l’altro in via di smantellamento in seguito alla riorganizzazione nazionale delle specialità - apre solo alle 7.30.
«La situazione non può essere più tollerata - sbottano all’unisono
i segretari nazionale Maccari e provinciale Obit - I cittadini devono essere
garantiti da poliziotti che facciano il loro mestiere, mentre ora sono impegnati
nei rintracci, nella vigilanza e nell’assistenza ai clandestini, ma anche nel
ritiro e nella consegna dei pasti, lasciando sguarnito il territorio e quindi
non garantendo la giusta sicurezza alla collettività». Gorizia, dunque, non
come problema di polizia, ma come emergenza sociale che interessa tutta la
società civile.
Intanto il tema clandestini continua a rinfocolare il dibattito locale. Il
consigliere comunale della Fiamma Tricolore Sergio Cosma sottolinea come alla
casa di riposo Culot di Lucinico sono alloggiati tra i 30 e i 40 minorenni
extracomunitari clandestini che «ricevono 34 mila lire al giorno ciascuno,
vengono serviti di prima colazione, pranzo, cena, uso tv e biciclette, nonché
pulizie delle stanze, dei servizi e dei letti». «Purtroppo c’è da segnalare
che costoro, non riconoscenti dei privilegi accordati, disturbano,
particolarmente durane la notte, creando confusione e disagio all’interno di
una struttura riservata agli anziani», conclude Cosma osservando come il Comune
di Gorizia ha anche stanziato 95 milioni per far ospitare in provincia di Udine
una decina di altri clandestini minorenni per addestrarli a un mestiere.