del 26 ottobre 2000

 

CRONACA REGIONALE

Clandestini, il Sap «sigillerà» il confine

GORIZIA - Il Sindacato autonomo di Polizia del Friuli Venezia Giulia, ormai stanco di denunciare l’insostenibile situazione dell’immigrazione clandestina in regione, interessata da un ingresso di disperati superiore a quello della Puglia e della Calabria, ma dimenticata dalle cronache e dalle istituzioni, ha organizzato per domani, alle 11 nel piazzale della Transalpina, il presidio e l’«impacchettamento» di un tratto della «grande voragine» chiamata confine di stato.

«Oggi i nostri confini - afferma una nota - sono interessati da un flusso costante ed ininterrotto di clandestini di varie etnie, tra cui curdi, ex jugoslavi, iraniani, bengalesi, indiani, algerini, marocchini e persino palestinesi. Solamente nella provincia di Gorizia sono stati rintracciati quasi 2500 clandestini nel solo mese di ottobre, 12000 dall’inizio dell’anno, oltre ai più di 3000 della provincia di Trieste. La risposta delle istituzioni in genere e in particolare del ministero dell’Interno è del tutto insufficiente».

«La situazione - afferma il Sap - non può essere più tollerata, i cittadini devono essere garantiti da poliziotti che facciano il loro mestiere, mentre ora sono impegnati a seguito dei rintracci nella vigilanza e nell’assistenza ai clandestini, nel ritiro e nella consegna dei pasti, lasciando sguarnito il territorio e quindi non garantendo la giusta sicurezza della collettività».
Anche ieri c’è stata una invasione di clandestini a Gorizia. Circa 200 extracomunitari di diverse nazionalità, di cui la metà iraniani con una trentina di bambini, sono stati fermati dalle forze dell'ordine, dopo che avevano attraversato il confine italo-sloveno. La Guardia di Finanza ha bloccato in una zona periferica del capoluogo isontino tre ragazzi pachistani di appena 14 anni.

 

CRONACA DI GORIZIA

 

Un’emergenza nell’emergenza: gli effetti dell’ondata dei clandestini sui servizi di vigilanza in città e in provincia. Pattuglie in tilt, notti senza controllo

Manca il coordinamento interforze. Domani il Sap «impacchetterà» il confine


Una manciata di pattuglie. Pochi uomini e donne in divisa contro il fiume in piena dell’immigrazione clandestina. Davide contro Golia. Con un «nemico» in più: la burocrazia.

Montagne di carte, informative, verbali da compilare, verificare, inviare. E poi i compiti non istituzionali che tramutano gli appartenenti alle forze dell’ordine in succedanei di assistenti sociali, traduttori, infermieri... Con un risultato finale: la città rimane in balia di se stessa.

E’ un’emergenza non dichiarata. Perché «brucia» ammettere che lo Stato non riesce a dare tutte le risposte alle quali è tenuto. Un’emergenza nell’emergenza che tramuta Gorizia in un «laboratorio» dove la sfida di ogni giorno è inventarsi una soluzione, creare alternative possibili a realtà impossibili. Tutto, fatta eccezione la capacità «divina» di moltiplicare gli uomini e i mezzi. E nelle strade di Gorizia, così come nella provincia isontina, in certe notti si fatica a vedere le «pantere» o le «gazzelle». Equipaggi di investigatori validi e preparati che spendono le loro energie negli uffici alle prese con i clandestini piuttosto che sulla strada a presidiare un territorio che, fortunatamente, è ancora sufficientemente sano. Ma fino a quando? E quanto sarà difficile recuperare quella impalpabile rete di contatti che rappresenta l’ossatura di un valido controllo del territorio?

Gli stessi sindacati di polizia, all’unisono, ammettono sconfortati il passaggio dal malessere all’emergenza. Seppur con sfumature differenti, Sap (Sindacato autonomo di polizia), Siulp (Sindacato italiano unitario lavoratori polizia) e Lisipo (Libero sindacato di polizia) si trovano in accordo nell’osservare come il caso Gorizia sia stato, e lo è ancora, sottovalutato. «Il questore ha minimizzato il problema e ora gli effetti sono sotto gli occhi di tutti», tuona Angelo Obit, segretario provinciale del Sap che, come riferiamo in Regione, domani «impacchetterà» per protesta la rete della Transalpina. «Se solo Roma ci concedesse gli stessi mezzi e uomini che in Puglia o Calabria hanno consentito addirittura di stroncare il traffico di sigarette....», commenta amareggiato Giovanni Sammito, responsabile isontino del Siulp. «Il coordinamento interforze è rimasto un contenitore vuoto: c’è chi è sempre in prima linea e chi evita accuratamente alcune zone a rischio clandestini», sbotta Mario De Marco, segretario provinciale del Lisipo. E poi: mancano mezzi, uomini, il tanto richiesto-contestato Centro di permanenza temporanea, la necessità di passare dal mero rintraccio dei clandestini all’energica e convinta impostazione di indagini più complesse e approfondite.
Risultato? Vi sono notti (più di quanto si immagini) nelle quali Gorizia e la sua provincia sono prive di controllo. Proviamo a «sbirciare» nei servizi di vigilanza. La polizia di frontiera per ogni turno può contare su 18 agenti, un quarto dei quali è generalmente assente per ferie, permessi o malattia. In tali condizioni possono essere approntate una o al massimo due pattuglie i cui compiti sono concentrati lungo la fascia confinaria. La Questura può mettere in campo dalle 3 alle 5 volanti. Un dato confortante, a detta degli stessi sindacati, grazie a una politica di «svuotamento» degli uffici voluto dal questore d’Acierno per privilegiare appunto i servizi operativi. La Stradale può contare su un unico equipaggio che però viene utilizzato per rilevare gli incidenti e la sicurezza stradale. Minima anche la presenza di Postale e Ferroviaria (specialità agli sgoccioli in seguito alla recente riorganizzazione nazionale) le cui pattuglie sono comunque limitate a percorsi strutturati sulle esigenze, appunto, dei relativi compiti istituzionali. «Accanto alle nostre ’’pantere’’ - ricorda Angelo Obit - veniamo affiancati dai mezzi dei Carabinieri e della Guardia di finanza i cui numeri sono però nettamente inferiori».

Uno schieramento che, sulla carta, appare notevole (il rapporto abitanti-pattuglie è maggiore rispetto alla stessa media nazionale) ma che viene vanificato dall’emergenza clandestini e dai relativi obblighi burocratici che vincolano l’equipaggio che ha rintracciato gli immigrati a seguire personalmente ogni accertamento. «Riusciamo a gestire fino a 50 clandestini, oltre è il collasso», ammettono i sindacalisti.

Ma la crisi è già tale. Lo testimoniano le oltre 9000 fotosegnalazioni che attendono, in arretrato da marzo, di essere inviate via telematica al Ministero degli interni. Oppure gli 8000 nominativi che devono essere ancora inseriti nel terminale Schengen. «Problemi che abbiamo segnalato al sottosegretario Di Nardo in occasione della sua visita a Gorizia - ricorda il segretario del Sap - Abbiamo ottenuto rassicurazioni apparentemente tranquillizzanti. Tante promesse, ma pochi fatti». Non esattamente. Nei mesi scorsi una decina di poliziotti veniva aggregata a Gorizia dal Reparto mobile di Padova. Non tutti i giorni (solo dal lunedì al giovedì, week-end esclusi), ma era comunque un aiuto. Singolare coincidenza ha voluto che dopo la visita del rappresentante di Governo l’aliquota di rinforzo sia stata sospesa.

 

EMERGENZA CLANDESTINI Tutti gli adempimenti che devono essere eseguiti
Più burocrati che poliziotti

Lunedì 150, martedì 165, ieri circa 200. L’emergenza clandestini è ormai un bollettino di guerra. Ma cosa significa, nel concreto, intercettare gruppi così consistenti di immigrati irregolari? Perchè le pattuglie, seppure in numero elevato rispetto alla media nazionale, rimangono invischiate in una trama di documenti e burocrazia tale da distoglierle dal controllo alla città?

Una volta rintracciati, i clandestini devono essere accompagnati alla caserma Massarelli. Per poterlo fare si deve rintracciare un automezzo adeguato che, a tranche, effettua il trasporto. Devono essere poi identificati. Una volta «intuita» la nazionalità, si cerca un interprete grazie al quale effetuare un interrogatorio sommario. Il clandestino deve essere quindi fotosegnalato (vi è però un’unica macchina fotografica per farlo), perquisito (alla ricerca di documenti di viaggio o quant’altro possa aiutare eventuali indagini), approntare la domanda di riammissione e contattare le autorità slovene. L’istanza deve essere poi seguita, verificata. In caso di risposta negativa (nella maggioranza dei casi), il clandestino viene portato in Questura dove gli viene notificato un decreto di espulsione. Nel frattempo, alldeve essere vigilato, gli viene garantita una certa accoglienza e, se malato, viene allertata la guardia medica.

 

Dal Sap una nuova proposta:

Il Centro di smistamento

Un Centro di smistamento. E’ la proposta del tutto nuova che viene avanzata dal Sindacato autonomo di polizia in alternativa ai contestati Centri di temporanea permanenza e Centri di accoglienza.
«Un luogo nel quale possano essere raccolti i clandestini rintracciati, vengano assistiti dalle organizzazioni specifiche in materia, sottoposti a controllo sanitario, fotosegnalati ma anche assoggettati alle previsioni normative attuali cioè decreto di espulsione, riammissione in Slovenia, accompagnamento ai centri di temporanea permanenza - spiega il segretario provinciale Angelo Obit - In tale struttura non dovrebbero operare i poliziotti che hanno effettuato il rintraccio, a scapito dei normali servizi di polizia, ma altre aliquote di personale che, per la sola vigilanza, potrebbero anche essere integrate da militari delle forze armate».
«Nel centro di smistamento oltre che la certezza dell’applicazione di una legge, sarebbero attivate tutte le procedure assistenziali e di polizia. - osserva ancora il segretario provinciale del Sap, Obit - Ovviamente tale centro non può trovare la sua collocazione all’interno di strutture di polizia e dovrebbe avere una ricettività non inferiore ai 300 posti».
La proposta di istituire un Centro di smistamento verrà resa nota domani in occasione della manifestazione che il Sap ha indetto per attirare l'attenzione delle istituzioni sulla gravità del fenomeno dell'immigrazione clandestina ai confini nord-orientali d'Italia. Il sindacato, utilizzando gommapiuma, «impacchetterà» un tratto del confine italo-sloveno di Gorizia per rendere ancor più visibile la fascia confinaria e i problemi connessi. «Purtroppo manca la volontà politica - conclude Obit - Il Ministero, infatti, invece di dare risposte concrete, preferisce nascondere il problema. E pensare che basterebbe solo un mese per approntare il Centro di smistamento. Non è il tempo che manca, ma la volontà».