del 22 dicembre 2000

 

Maccari (Sap): «I tempi biblici della burocrazia fanno disattendere la legge»
Sei mesi per un’impronta
«Roma blocca l’identificazione di 9.000 clandestini»

di Carlo Dagradi 

A che cosa serve prendere le impronte agli immigrati? A nulla. La legge sull'immigrazione clandestina modificata dalla Camera non introduce alcun elemento nuovo. Prendere le impronte digitali agli immigrati privi di documenti è già infatti una prassi più che consolidata al confine nord-orientale dell’Italia.
Peccato, però, che non serva a niente.

Solo a Gorizia, abbiamo la bellezza di 9000 persone fermate e "schedate" col rilevamento delle impronte negli ultimi sei mesi. Non sappiamo chi siano: tra questi, forse, ci sono i peggiori criminali dell’Est». Parla Franco Maccari, segretario nazionale del Sap, il Sindacato autonomo di Polizia. Che denuncia, oggi, una situazione assurda, ben lungi dall’essere sanata con la legge varata dalla Camera.

Maccari, 9mila persone, ha detto? E per quale motivo?
«Perché mancano i tempi tecnici per identificare qualsiasi immigrato. Se uno entra illegalmente, è senza documenti, noi lo fermiamo, gli prendiamo le impronte e poi bisogna identificarlo. In pratica, dobbiamo fare una bella "infornata" di cartellini con i dati, prendere la macchina, andare a Roma e...».

Ma sta scherzando? Dovete portare manualmente a Roma i cartellini com le impronte?
«Certo, è da sempre così. Non si possono trasmettere via fax o email. Sì, c’è un sistema elettronico, l’Afis. Ma richiede un quarto d’ora di trasmissione, e dall’altra parte ci deve essere un operatore a ricevere. Quindi non lo usiamo molto spesso».
Mi faccia capire. Lei sostiene che l’ordine di rilevare le impronte non serve a nulla, già lo fate. Ma non siete tecnicamente in grado di trattenere un clandestino fino a quando non avete la certezza della sua identità?

«Esattamente. Se nella sede di polizia dove si trova il clandestino è presente un ufficio interregionale di polizia scientifica, allora in nostro lavoro è un tantino più facile. Possiamo per esempio sapere se è stato fermato nella stessa ragione, o in qualche regione confinante. Non certo se la prima volta ha fatto uno sbarco in Puglia».
Perché il meccanismo non funziona?

«Per i tempi biblici che comporta. Noi possiamo trattenere un fermato al massimo 24 ore. Ma per sapere chi è , Roma impiega almeno quattro o cinque giorni. Sempre che noi consegnamo il cartellino il giorno stesso, cosa che non avviene mai».

Ma non esiste un sistema, oggi, che consente di inserire i dati in un cervellone che possa in tempo reale...

«In tempo reale? Assolutamente no. Vede, la legge, oggi, viene costantemente disattesa. In teoria sarebbe previsto trattenere il clandestino fino a quando non lo si è identificato. Ma questo è impossibile, non abbiamo neppure i luoghi fisici dove farlo, da tanti sono quelli che fermiamo ogni giorno. Riempiremmo in due ore tutti i centri di permanenza temporanea in Italia».

Non avete mai avuto in dotazione i terminali elettronici che, poco tempo fa, il ministro dell’Interno Bianco "pubblicizzava" da tutti i telegiornali? Quelli che prendono le impronte senza neppure l’inchiostro...

«Quella è fantascienza. La presentano i politici, e serve solo a loro. Noi mettiamo la manina dell’immigrato nell’inchiostro e facciamo timbrare un cartellino. Ovunque, in ogni ufficio di polizia, le impronte sono rilevate con l’inchiostro: la macchina elettronica serve per l’opinione pubblica, solo per pure ragioni di propaganda». 
Come si vede, una cosa è la "bella" teoria del governo, un’altra è la realtà con la quale gli operatori di polizia si confrontano ogni giorno. «Novità? Ma noi rileviamo da sempre le impronte. E non si fa solo qui a Gorizia dove si è spostata l’emergenza immigrazione - spiega Giovanni Sammito del Siulp, altro sindacato di Polizia, di Gorizia - si fa regolarmente anche in Puglia, dove, nel periodo di massimo afflusso di clandestini, ci fu persino un potenziamento del numero di agenti specializzati nei cosiddetti rilievi foto-dattiloscopici. E questo -continua Sammito- accade da tempo sulla base di quanto afferma il testo unico delle leggi di Pubblica sicurezza: a un soggetto privo di documenti si possono prendere le impronte digitali». 
Ma non è tutto. «Da circa 4 mesi - spiega Sammito- sono in distribuzione in varie questure d’Italia delle valigette che contengono strumenti in grado non di prendere le impronte ma di mettere a confronto quelle di un sospetto clandestino con l’archivio informatico delle impronte. Questo consente di sapere, ad esempio, se la persona era già stata identificata, attraverso le impronte, in altre parte d’Italia. Attendiamo anche noi queste valigette.

Il capo della polizia, in occasione della visita del ministro Bianco a Gorizia, ce ne hapromesse due».

Fantascienza, dicevamo.

Il Friuli nuova "porta" di ingresso per gli extracomunitari irregolari. Per il pattugliamento la Regione chiede l’intervento dell’esercito 
Clandestini, passaggio a Nord Est
Narduzzi (Lega): il governo ignora le nostre richieste. Integrazione più difficile con i musulmani

di Paolo Bassi

Il consiglio regionale del Friuli Venezia-Giulia ha approvato un Ordine del giorno presentato dalla Lega Nord che impegna la Giunta a promuovere una serie di approfondimenti, studi, ricerche e convegni sui rapporti fra le Chiese cristiane d’oriente e le Chiese Cristiane d’occidente, in relazione al pericolo di una progressiva islamizzazione dell’Occidente.

La mozione, approvata nell’ambito del bilancio con i voti di Lega e Polo, fa anche uno specifico richiamo all’autorevole contributo fornito, nel dibattito che attiene ai rischi legati all’immigrazione musulmana, da alcune personalità ecclesiastiche di primo piano come il cardinale di Bologna Giacomo Biffi, che, si legge nell’Odg, hanno avuto il coraggio e l’onestà intellettuale di: «affrontare senza demagogia e con chiarezza il tema della compatibilità tra culture e religioni che hanno una concezione dei diritti inviolabili di pensiero e di espressione, nonché dei rapporti nell’ambito della famiglia, totalmente diversa dalla nostra».

«L’ingresso incontrollato di centinaia di migliaia di immigrati, spesso clandestini che, nella stragrande maggioranza dei casi, provengono da paesi di fede islamica - ci spiega Danilo Narduzzi, capogruppo della Lega Nord al coniglio regionale del Friuli Venezia-Giulia, crea forti attriti fra la popolazione autoctona e questi nuovi arrivati. Abbiamo quindi scelto di proporre uno studio serio e rigoroso sul tema e una serie di conferenze, per interrogarci e per capire quale sia il futuro che vivrà la nostra gente e il nostro territorio».

Consigliere Narduzzi, la vostra iniziativa arriva proprio quando sembra che il Friuli sia diventata la porta privilegiata per l’ingresso dei clandestini nel nostro paese?
«È vero, la situazione nella nostra regione è diventata molto grave, da tempo ormai gli extracomunitari hanno  trovato questa nuova via per entrare illegalmente in Italia. Ciò avviene per le difficoltà oggettive che la polizia di frontiera ha nel controllare tutti i valichi, molti dei quali anche durante il giorno, rimangono letteralmente incustoditi. A complicare la situazione poi, ci sono le leggi nazionali inadatte ad affrontare una situazione ormai d’emergenza e l’atteggiamento delle forze politiche di centrosinistra che, nella nostra regione come a Roma cercano di ostacolare qualsiasi provvedimento che vada nella direzione di un controllo più rigoroso». 
Solo gli immigrati islamici creano problemi di integrazione?

«Noi non vogliamo fare una guerra di religione, ma ritengo ragionevole affermare che, in generale, le persone provenienti da paesi islamici hanno maggiori difficoltà ad integrarsi e a interagire senza frizioni con la nostra cultura e con la nostra realtà». 
Per affrontare l’emergenza che richieste avete fatto al governo?

«Il mese scorso abbiamo approvato una mozione che chiedeva addirittura l’intervento dell’esercito per poter, almeno con funzione dissuasiva, controllare i valichi di confine. Abbiamo chiesto al presidente della Regione di farsi parte attiva presso il governo delle nostre richieste, ma da Roma non è giunta nessuna risposta a dimostrazione di come l’esecutivo sia veramente sordo di fronte alle nostre richieste».
Una polizia locale, così come propone il progetto di devolution, potrebbe rispondere meglio alle vostre necessità?

«Noi abbiamo approvato lo stanziamento di un fondo di cinque miliardi da destinare alla formazione di squadre di volontari per il controllo del territorio, purtroppo però la nostra legge è stata bloccata, così come abbiamo chiesto, ma non ancora ottenuto, che il presidente della regione possa assumere i compiti di commissario di governo. Una polizia regionale che abbia i mezzi necessari e che risponda al presidente della regione chiaramente sarebbe un mezzo utilissimo alla lotta contro gli ingressi clandestini. purtroppo però temo che una soluzione del genere, per quanto possa migliorare la soluzione, non sia sufficiente per rispondere alle necessità del caso. L’immigrazione clandestina è un problema internazionale, che deve trovare una soluzione su scala internazionale. Bisogna però dire che è sbagliata anche l’impostazione del governo che, per mascherare la sua inattività, scarica sull’Europa la responsabilità di decidere gli interventi da affettuare per frenare il fenomeno».