del 21 novembre 2000

 

Viaggio nel cimitero delle impronte digitali

Gorizia, sono 140mila raccolte in dieci mesi. Ma nessuno sa cosa farne

dal nostro inviato GIOVANNA CASADIO

 

GORIZIA - Conservate, a dire la verità, sono conservate bene. Un giacimento di impronte digitali, dieci dita per ciascun clandestino fermato alla frontiera isontina, che in cifre nude e crude fanno 140 mila impronte digitali negli ultimi dieci mesi. E almeno 90 mila di queste sono infilate tra le scrivanie degli agenti e gli armadietti della questura di Gorizia, nelle scatole del pastificio Lobello o dei registri Buffetti, metri di scatole in attesa, 9 mila cartellini di identificazione che aspettano di essere memorizzati dalla banca dati del Viminale a Roma, passando per il centro di smistamento di Padova. Da Lenca Novacovicm, 38 anni, clandestina rumena identificata il 28 di aprile 2000, a Mustafa Temel, giovanissimo turco che, fermato ieri 20 novembre al valico agricolo di Rafut, dichiara 18 anni, celibe, qualifica operaio. Sette mesi di pratiche arretrate sotto la fiumara di clandestini che entra dalla porta dell'Est, al confine tra Friuli e Slovenia, l'ultima frontiera di terra che rimane all'Italia da pattugliare.

Vista da questa postazione la polemica politica su "impronte digitali sì-impronte digitali no" francamente sbiadisce. Sarà la strada maestra in un futuro di alta tecnologia, come sostiene il sottogretario agli Interni, il diessino Massimo Brutti, o piuttosto la cattiva imitazione che il centrosinistra fa della destra secondo quanto ritiene il leader comunista Fausto Bertinotti, ma il fatto è che laddove la tratta di uomini non si ferma non è né una novità né una garanzia di controlli.
A Gorizia, porta del Nordest, di clandestini ne passano almeno 35 mila all'anno, secondo le stime dell'antimafia di Trieste. Per non contare i dati dei fogli d'espulsione da far digerire al Ced del ministero degli Interni e al terminale di Shengen.

E stiamo parlando di impronte. La macchina ad inchiostro in dotazione del Gabinetto provinciale della polizia scientifica - da due settimane trasferito per ragioni logistiche alla caserma Massarelli, 20 metri dal valico Casa Rossa - è sovrastata da un cartello con alcune indicazioni nelle lingue delle etnie che più frequentano il posto. Campeggia su tutte una raccomandazione: relax. Che, tanto per fare degli esempi, in iraniano e turco si dice goluiun brahk e ronad bosh. Se non ci si rilassa insomma, le impronte vengono anche male.

E dietro le impronte ci sono le persone, gli extracomunitari che riempiono la Massarelli, spesso famiglie ma anche tanti uomini soli, braccia per l'Europa e l'Italia e donne destinate al mercato della prostituzione.

Ieri, che la pioggia batteva incessante su Gorizia, di clandestini se ne sono visti un po' meno: 150 fermati nella nottata dai poliziotti. "Solo in un paio d'ore", precisa il segretario provinciale del sindacato autonomo di polizia (Sap) Angelo Obit.
Figuriamoci quanti ne passano che noi neppure vediamo, tutti presi come siamo dall'assistenza, denuncia il Sap. Il segretario nazionale Franco Maccari sta diramando da una paio di mesi a onorevoli e giornalisti gli inviti per visitare la "Massarelli".

"Ecco, bisogna vedere qual è diventato il ruolo delle volanti: due poliziotti che scortano la fila di clandestini ai cessi clinici", indica il cortile dove gli stranieri sostano tra un rilevamento di impronte e un'ultima attesa prima di essere rilasciati con il foglio di espulsione. Per ora il centrodestra non ha mancato un invito: è passato Carlo Giovanardi, vicepresidente della Camera dei deputati del Ccd, i leghisti Moro e Bosco, Daniele Franz di An che ieri in un accurato giro al varco della stazione transalpina ha a sua volta assicurato che la Casa delle libertà cambierà la legge Turco-Napolitano. E poi? "Occorre fare di Gorizia la seconda Puglia", dice. Ormai lo chiedono tutti, a cominciare dalla polizia di frontiera.

Gorizia, la Berlino d'Italia che ha digerito ben altri traumi nella sua storia, non è granché allarmata. "Noi non ci sentiamo particolarmente invasi, perché questa gente è di passaggio" spiega il sindaco Gaetano Valenti, commercialista di Forza Italia che tiene subito a precisare di essere grande ammiratore di Tremonti e, per estensione, della proposta di legge sull'immigrazione da lui firmata insieme con Bossi e Berlusconi. "Noi dobbiamo portare il lavoro a casa degli altri, questa è una soluzione. Intanto qui c'è il problema di un centro di smistamento". Del centro di permanenza temporanea che il ministro Bianco aveva annunciato di prossima creazione nella frazione di Lucinico in una caserma dismessa, non vuole neppure sentire parlare "perché la cittadinanza non lo vuole e io devo rispettare quel mandato". La cittadinanza non vuole neanche l'esercito a presidiare le frontiere, come ha chiesto un ordine del giorno del Polo in consiglio regionale.

"Cosa fare? Questo è un ventre molle, è un buco nella rete di Shengen. Il dibattito sulle impronte fa sorridere sia rispetto all'efficacia che al controllo" è l'opinione del presidente del comitato parlamentare Shengen, il diessino Fabio Evangelisti che sarà qui a Gorizia alla fine del mese. E verrà anche il sottosegretario Brutti. A vedere per credere.