del 19 dicembre 2000
PAGINA NAZIONALE DI ATTUALITA
Ogni giorno charter di disperati, soprattutto turchi e iraniani, atterrano nella capitale bosniaca.
Clandestini, la fuga inizia a Sarajevo
L’arrivo in Italia è veicolato da criminali senza scrupoli
di Roberta Missino
SARAJEVO
- Aeroporto di Sarajevo. Ben arrivati allo starting point dei flussi migratori
clandestini. Risalendo quel fiume in piena che da alcuni mesi tanto allarma
l'Italia e il Friuli-Venezia Giulia in particolare, eccoci in una struttura che,
così come la capitale bosniaca, è sospesa tra le lacerazioni lasciate dal
conflitto e la voglia di rinascita. Qui, per migliaia di clandestini inizia il
viaggio della speranza. Iraniani, turchi, cinesi, ma anche cittadini dello Sri
Lanka e del Bangladesh. Sono loro ad affollare le anguste sale d'arrivo
dell'aeroporto bosniaco. Sono all'inizio di un'avventura che li porterà in
Italia e quindi in Austria, Germania, Olanda, Inghilterra e Stati Uniti.
La conferma che l'ondata di immigrati giunta questa estate a Gorizia e Trieste parta proprio da questo aeroporto viene da alcuni dati. Tra il 6 giugno e il 6 agosto, infatti, su un totale di 3.469 iraniani entrati in Bosnia attraverso Sarajevo ne sono ripartiti solo 312, pari all'8 per cento. Cifre non molto difformi per i turchi: su 2.905 cittadini provenienti da Istanbul in ingresso, solo 513 sono risultati in uscita (il 17%). I voli charter della «Mahan Air» da Teheran o della «Turish Airlines», ma anche dell'«Air Bosnia» da Istanbul arrivano ogni lunedì, mercoledì e venerdì sempre carichi di passeggeri, ma poi ripartono praticamente vuoti.
Non è necessario essere provetti investigatori per cogliere i gruppi di immigrati che, da li a pochi giorni, affolleranno la caserma Massarelli di Gorizia. In gruppetti compatti, privi di bagaglio, in spalla hanno solo un ampio borsello. Si presentano al controllo passaporti ripetendo in inglese un ritornello imparato a memoria: «I am tourist». Una «facciata» che si sgretola una volta superati i controlli di polizia, all'uscita dall'aeroporto. Senza troppi misteri, ti spiegano le loro reali mete: Londra, Milano, Roma...
E così ritrovi lo stesso disarmante candore di quei clandestini che a Gorizia, come a Udine e Trieste, una volta agguantato il decreto di espulsione cercano un treno che li porti via, lontano. Stessi volti, stesse mete, stessa disperazione. Ma anche stessa impossibilità di arginare i flussi migratori. Vederli qui, a Sarajevo, a 600 chilometri via terra dal Friuli-Venezia Giulia è la dimostrazione che poco o nulla li fermerà, che gli accordi bilaterali sono strumenti quasi vuoti. Ma, soprattutto, sbattere contro queste centinaia di turchi e iracheni che noncuranti di tutto e tutti si avviano verso nord, dimostra che le organizzazioni criminali che gestiscono questo traffico di uomini sono più forti, decise, programmate e pianificate di quanto non siano le diverse forze di polizia. Interpol, carabinieri, gli stessi investigatori del Msu ce la mettono tutta ad analizzare il fenomeno, ma si ritrovano con le armi spuntate, impossibilitati ad agire concretamente. Due i lacci: i carabinieri in ambito Sfor possono solo limitarsi all'attività d'intelligence (rimandando ad altri organismi militari e civili le fasi operative), ma - soprattutto - per entrare in Bosnia non è necessario il visto d'ingresso se provenienti dalla Turchia, dall'Iraq e da altri paesi. Ovvero, benvenuti in Europa!
La mancanza di regolamentazione sta però esplodendo nelle mani delle stesse autorità bosniache. Con il trascorrere dei mesi è divenuta sempre più evidente e imbarazzante la ramificazione delle organizzazioni criminali senza scrupoli. Per questo motivo, la scorsa settimana il consiglio dei ministri bosniaco ha deciso di istituire il regime dei visti con la Repubblica islamica dell’Iran. Altri provvedimenti riguardano l’istituzione in aeroporto di un servizio interpreti in turco e iraniano, mentre sono stati aumentati i rapporti con la Croazia in tema di scambi informativi e di riamissioni.
Contatti importanti perchè è proprio lungo la Croazia - e
in particolare attraversando il fiume Sava e le sue vallate - che i clandestini
sciamano verso l'Italia.
La collaborazione transnazionale è divenuta improcrastinabile dinanzi alla
spartizione dei traffici criminali sull'Adriatico. Così se i gruppi di Belgrado
e serbo-bosniaci dopo la guerra si sono specializzati nel traffico di armi,
droga e prostituzione, il contrabbando di sigarette viene gestito in stretta
collaborazione tra i clan montenegrini e quelli della Nuova Sacra Corona Unita,
mentre l'affaire clandestini è quasi totalmente nelle mani dei gruppi albanesi
di Valona.
Ma in questi stati-mafia tutto si fonde, tutto si confonde. Così quei turchi vittime dei trafficanti di uomini, li puoi anche ritrovare parte attiva. In alcune aree bosniache, tra Tuzla e Brcko, vige la legge della sopravvivenza. Anche per gli immigrati diretti verso l'Italia e l'Europa. Viaggi durissimi, soprattutto nei rigidi mesi invernali. Ad assisterli, almeno parzialmente, i passeur che già all'aeroporto di Sarajevo accolgono la «merce». Furgoni sgangherati caricano turchi e iraniani come fossero cassette di frutta: senza troppe cortesie, stipati uno sull'altro. In una Bosnia dove il codice della strada è un'entità misteriosa, non sarà certo quel furgone zeppo di persone a dare nell'occhio. Altre organizzazioni si muovono differentemente. Ai clandestini, ancor prima di partire, viene impartito l'ordine di salire subito su un taxi e farsi portare a una destinazione prestabilita dove riceveranno cibo, eventuali abiti di foggia occidentale e ulteriori informazioni. Gli autisti non pongono domande, ma neppure danno o si danno risposte. Troppo rischioso. Lo si intuisce da uno sguardo, da una piega del sorriso. In un angolo di mondo dove la vita spesso vale meno di un proiettile, la paura è palpabile. Parli con un tassista, il barista o con l'edicolante che dal suo chiosco nota tutto e tutti. Dialoghi fatti di sgomento e sospetto che ti entrano nel sangue.
Ma in alcuni casi non è paura. E' omertà, se non complicità. Tassisti compiacenti, personale che gravita attorno alla struttura aeroportuale, poliziotti che sembrano guardare altrove. Cerchi risposte e trovi ancor più interrogativi. A quel punto non stupisce il ritrovarsi seguita - in modo discreto ma non troppo, altrimenti il messaggio rischierebbe di non essere colto - da un uomo inviato da chi si è infastidito per le troppe domande poste su un tema che polarizza inimmaginabili somme di denaro ed equilibri di poteri occulti.