del 16 novembre 2000

 

FRONTIERE E IMMIGRAZIONE

«Nessuno ferma i disperati che arrivano dall'Est»

Passa per Gorizia la principale via dei clandestini. «I finanzieri guardano e non intervengono»

Gorizia

NOSTRO INVIATO

La sbarra verde-bianco-rossa. Il cippo verde-bianco-rosso. La bandiera verde-bianco-rossa. E il pensionato Marino Comelli, soltanto verde di bile e rosso di rabbia, che se ne sta piantato a dieci metri dal confine italiano, nel vigneto curato amorevolmente da vent'anni, e grida sotto la pioggia: «È uno schifo! Una vergogna! Questo era un paradiso terrestre, quando c'erano igraniciari e sparavano, se serviva. Adesso i nostri "pipinotti" - i finanzieri io li chiamo così - guardano e non fanno niente, neppure il "113" chiamano quando arrivano i clandestini. E così questa è diventata una terra di scorribande». Italiano lo è fino in fondo, il buon Comelli dalla lunga barba, anzi per strappare alla Jugoslavia titina questo fazzoletto ove coltiva generosa malvasia e gustoso merlot ha impiegato degli anni finchè, carte alla mano, è riuscito a far spostare il cippo ai confini della proprietà.

Da italiano ormai disilluso assiste al più apocalittico degli eventi che stanno attraversando i due secoli, un flusso perenne di uomini, donne e bambini di tutti i colori e nazionalità, un torrente di illusioni che si fa fiume inarrestabile, ovvero l'emigrazione dai paesi extracomunitari verso l'Europa opulenta. Il campo del Comelli è un pezzo di storia, visto che è diventato confine di Schenghen, ossia limite esterno della comunità di Stati che si riconoscono come fratelli e hanno abbattuto ogni barriera. Ma per quelli che ancora non sono stati ammessi nell'èlite del Vecchio Continente, o non lo saranno mai, ecco che il valico di categoria pedonale di Rafut dovrebbe essere un'insuperabile Maginot.

In realtà è solo una strada della prima periferia di Gorizia che finisce davanti alla sbarra. È vero che dalle 8 del mattino alle 17 in una guardiola ci sta un uomo in divisa grigio-verde, ma è come se non ci fosse. Perchè i frontalieri li conosce di persona e non deve neanche controllare ilpass, mentre quelli che non possono transitare aspettano che se ne vada per impadronirsi dei sentieri e della strada maestra il cui unico impedimento è costituito dalla linea ferroviaria Sesana-Jesetile.

Siamo davanti a uno dei tanti buchi del colabrodo carsico, confine friulo-giuliano con la Slovenia da cui entrano centinaia di persone al giorno. Ma non tutti i 354 chilometri che vanno da Dobbiaco a Muggia sono uguali. A nord ci sono le montagne e passare è più difficile. A sud c'è il lavoro repressivo svolto dalla Procura di Trieste che ha ricostruito organizzazioni e flussi, riuscendo a seguire arrivi e partenze quasi in diretta, grazie alle intercettazioni telefoniche. Qui invece siamo a Gorizia, meno organizzata, e forse per questo diventata negli ultimi mesi la capitale dell'immigrazione clandestina. Peggio che Brindisi e la Puglia, dove il mare è barriera naturale e i trafficanti di merce umana rischiano il sequestro delle navi.

A Gorizia, una città di 38 mila abitanti, nei primi dieci mesi dell'anno sono state bloccate 12 mila persone, 2.500 solo ad ottobre. È questà la nuova frontiera di una guerra di logoramento per la quale il consiglio regionale ha appena votato un ordine del giorno che invoca l'invio dell'esercito. Dovesse essere accolta la richiesta, le divisioni dovrebbero arrivare soprattutto qui, ricreando, ma a parti e scopi rovesciati, il confronto da guerra fredda durato 40 anni con la Jugoslavia.

«Vede quella casetta lassù? Là stavano i graniciari, organizzavano pattuglie e ronde, di notte non passava nessuno e qualche volta si udivano gli spari». È sempre Marino Comelli a parlare e a fare da guida. «Venga, venga, anche se dovrebbe venire qui dopo le 18.30 e allora vedrebbe le ombre nella notte che scendono dalla collina, passano i binari e percorrono il sentiero». L'erba è calpestata da centinaia di scarpe che ogni sera percorrono gli stessi metri verso la speranza. «Su quel tornante si fermano i taxi e li fanno scendere... nel fango ecco le impronte delle ruote delle macchine». I passeur entrano nella proprietà privata con i camioncini, fanno inversione sullo spiazzo e aspettano. Sono i più pericolosi. A una donna che protestava («Questa è casa mia, cosa fate qui?») hanno risposto più volte: «Taci o la casa te la bruciamo noi».

Dall'altra parte arrivano i disperati, salgono sui furgoncini e via verso l'autostrada, verso Venezia, Milano, la Germania, la Francia. Quelli che non hanno nessuno ad attenderli, invece, hanno trasformato un noce in un gigantesco spogliatoio a cielo aperto. La copertura naturale dà l'illusione di stare in una grande capanna, al riparo da sguardi indiscreti. Per terra c'è di tutto, bottiglie di thè e di latte, calze, scatole di medicine, pezzi di vestiti, perfino una testa di bambola dimenticata da una bambina. «Si cambiano vestito, credendo che nessuno li riconosca quando passano a piedi il centro di Gorizia. Illusi». Una volta il pensionato Comelli accese il fuoco e ne rifocillò otto, tre bambini e una donna incinta. «Volevano darmi dei soldi, se accettavo mi facevo mezzo milione». Rifiutò. Una volta gli aprirono un mobile e mangiarono i biscotti degli uccelli. Ogni mattina raccoglie cicche e pacchetti di sigarette.

La sua risposta è un vecchio e inservibile cellulare appeso alla porta del capanno. Con un cartellino scritto a mano. «Questo telefonino è riservato per soli albanesi, turchi, curdi, ecc... Potete telefonare alla mamma, aipasseur... linea diretta con Tirana, tanto pago io!». Nessuno glielo ha mai rubato. «Mica sono fessi, anche loro vedono che non serve a niente».

Il giardino della signora Maria, a ridosso della casupola della Finanza, sembra una strada dopo la sfilata di carnevale. Foglietti bianchi dappertutto, fatti a pezzi, sminuzzati."Spremni list", c'è scritto sopra, ovvero fogli di sloveni. Hassani Nadiya ha 30 anni e viene dall'Iran, Rad Amir è un bimbo di quattro anni appena, Ahsani Akbar è del '75, iraniano pure lui. Si sono sbarazzati dei fogli compromettenti subito dopo il confine, perchè se glieli trovano addosso è una prova che sono arrivati dalla Slovenia e scatta l'accordo che impone il ritorno oltre confine. La signora Maria raccoglie i coriandoli a fa pulizia. Poi scuote la testa. Come ogni giorno, negli ultimi due anni.

Giuseppe Pietrobelli