del 16 gennaio 2001

 

I poliziotti familiarizzano e si scambiano i cellulari quando un «buco» della rete telefonica impedisce il collegamento

Pattuglie miste all’opera, confine sotto controllo

Intercettati i primi tre clandestini. Gli sloveni: «Almeno 10 mila extracomunitari in marcia verso l’Italia»

 

GORIZIA - Le raffiche di bora sferzano rabbiose il confine. È come se volessero scacciare polemiche e critiche per lasciare spazio solo a un debutto che, nel suo genere, rappresenta una piccola rivoluzione: l’avvio delle pattuglie miste anti-clandestini. Italiani e sloveni assieme per un pool operativo che fino a qualche anno fa appariva impensabile.

S’inizia così, in un turbinio di cameraman e giornalisti, delegazioni e dichiarazioni, presentazioni, flash, strette di mano e foto ricordo. È la presentazione, quella inevitabilmente ufficiale e formale. Ma il debutto, quello vero, avviene dopo. Solo quando i cronisti sciamano via, le due pattuglie miste (la prima a Gorizia con due poliziotti italiani e uno sloveno, l’altra speculare a Nova Gorica) cominciano a tratteggiarsi nei loro contorni più veri.

Qualche battuta per sciogliere l’imbarazzo di dividere il defender con una divisa non italiana, scambi di numeri di cellulari (uno è pure fornito dal Ministero), la promessa di una cena a missione conclusa. Il rodaggio è anche questo. Poi via, lungo quei dieci chilometri che separano le due città, ma che rappresentano anche l’ultimo confine dell’area Schengen. Vincenzo, Adriano e Mitja studiano assieme quei varchi e quei campi che appaiono così uguali eppure così diversi. Transalpina, Rafut, Salcano: iniziano i primi scambi di informazioni e i suggerimenti operativi. Sono le prime sei ore del primo pattugliamento misto: ancora ci si studia, ma emerge già qualche spunto per future indagini. Sopra, il rumore delle pale dell’elicottero della polizia.
Oltre il confine, in quelle stesse ore (dalle 13 alle 19) ci sono Andrej, Aljosa e Valter. L’equipaggio comprende anche Nik, splendido pastore tedesco nipote dell’ex campione del mondo ’91, «chicca» della squadra cinofili della polizia slovena. Saranno loro a mettere a segno la prima operazione transfrontaliera: tre zingari magiari «pizzicati» al loro arrivo a Nova Gorica a bordo di un autobus proveniente da Lubiana. Per un confine abituato a ben altri numeri, non è certo un intervento record, ma rappresenta un segnale, un inizio. Muniti di richiesta di asilo politico (con il quale non avrebbero dovuto allontanarsi dal centro d’accoglienza) erano diretti verso il confine. Il più giovane appena nota i poliziotti, si affretta a fare una telefonata con il cellulare. Poi l’improbabile spiegazione: «Stiamo andando a giocare al casinò Perla». Portati in caserma, verranno riaccompagnati a Lubiana dove rischiano di veder rigettata l’istanza di asilo politico.

«Secondo le ultime informative ci sono 10 mila tra curdi, pachistani e iracheni che sono in cammino verso la Slovenia e l’Italia.- spiega Vilijan Leban, vicecomandante delle Volanti di Nova Gorica - Le pattuglie miste? Essenziali. È l’unico modo per scambiare informazioni celermente e iniziare a smantellare, in modo organico, il traffico di uomini». Intanto squilla il telefonino di Aljosa. «È per te, non riescono a contattarti con il tuo», spiega mentre lo porge al poliziotto italiano. Anche questa è collaborazione.
In ogni evento, anche quello più banale, essenziale è la capacità (o la volontà) di modificare il punto d’osservazione. Così è anche per l’emergenza clandestini. Vista da Nova Gorica ha la stessa intensità. Se Gorizia ha la responsabilità d’essere l’ultima frontiera Schengen, oltreconfine si avverte il peso di una nazione che rincorre i parametri europei, anche in tema di sicurezza e immigrazione. Una lotta comune, quindi. «Nel 2000 abbiamo rintracciato 35 mila clandestini - osserva il questore di Nova Gorica, Jaka Ceferin - I nostri sforzi sono concentrati lungo il confine con la Croazia...». Della serie: mal comune, mezzo gaudio.

Sono le 19. Gli equipaggi rientrano alla Casa Rossa per la prima riunione. È il momento dei bilanci, positivi ma anche impietosi. I contatti via cellulare, per esempio, hanno subito dei «buchi» di rete. Ma c’è la voglia di esserci, di vincere questa nuova sfida, di dimostrare che la collaborazione transfrontaliera non è un contenitore vuoto. Oggi si replica. Appuntamento alle 18. Sarà la prima notte.
Roberta Missio

 

Giovanardi (Ccd) e il Sap: «Solo uno spot del governo»

 

GORIZIA «È solo uno spot pubblicitario. Non è così che si fronteggia l’emergenza clandestini». Il vicepresidente della Camera, Carlo Giovanardi, fu il primo a visitare il «confine invisibile» di Gorizia e quelle pattuglie miste proprio non le accetta. «Vigilare solo 10 chilometri su 248, per sei ore su 24, con personale disarmato: questa è solo un’azione dimostrativa», tuona il rappresentante del Ccd che già ieri ha presentato un’interpellanza al ministro Bianco. E i dissensi, nella giornata del debutto, non sono mancati. A iniziare dal Sap che, con in testa il segretaro nazionale Franco Maccari, ha provocatoriamente tenuto l’annunciato contro-pattugliamento condito di sconfinamento illegale di tre sindacalisti a dimostrazione dell’impalpabilità di un confine difficilissimo da vigilare (nella notte precedente sono stati rintracciati altri 40 clandestini). «Le pattuglie? Una truffa», ha tuonato Maccari sottolineando la pericolosità di una vigilanza effettuata da poliziotti disarmati ai quali sono state offerte pistole giocattolo. E poi c’è l’elicottero, inviato da Milano con un’autonomia rimanente di sole 10 ore di volo prima della revisione obbligatoria e il mancato avvio del centro di smistamento a Gradisca.

L’elicottero è fatiscente? Allora il coordinamento provinciale di Udine di An propone che le Regioni Friuli-Venezia Giulia e Veneto acquistino, in compartecipazione, uno o due mezzi. Un progetto che, nonostante i costi (tra i 6 ai 10 miliardi a elicottero) ha già conquistato la disponibilità dell’assessore alle autonomie locali del Friuli-Venezia Giulia, Giorgio Pozzo, e del collega veneto, Zanon. Il Lisipo va oltre. Anzi, va all’attacco della Slovenia. «Il Governo italiano deve farsi valere! Strombazza a destra e manca l’arrivo delle pattuglie, ma non è capace di far rispettare gli accordi sulle riammissioni», commenta il segretario provinciale Mario De Marco che, rigettando gli equipaggi misti, auspica invece l’intervento dell’esercito.

Un tiro incrociato contro le pattuglie miste, dunque. Così ancor prima di fronteggiare pericolosi trafficanti di uomini, il pool italo-sloveno deve vedersela con accuse che non lascerebbero spazio a repliche. Eppure, viene sottolineato negli ambienti del Viminale, il progetto non è così oscuro. Come ogni iniziativa in fase sperimentale, infatti, avrà bisogno di valutazioni e migliorie. L’elemento qualificante, in realtà, è il coinvolgimento nell’analisi giuridica dei singoli casi di rintraccio dei clandestini. Una presenza che di fatto diventa «consulenza» ed anche elemento probante nella successiva richiesta di riammissione. I poliziotti sono disarmati? Con l’attuale legislazione non si poteva fare altrimenti. Per il momento.

r.m.

 

Il ministro dell’Interno: «Il 30 gennaio andrò in Slovenia per perfezionare gli accordi» Bianco: «E’ un primo passo»


GORIZIA «Lo voglio ribadire: con questi pattugliamenti non pensiamo di aver risolto il problema della frontiera italo-slovena, ma seguiamo un progetto preciso e concreto che potrebbe dare anche in tempi brevi risultati apprezzabili. E proprio per questo andrò io stesso in Slovenia il 30 gennaio per sviluppare e perfezionare ulteriormente questi accordi». Il ministro dell’Interno Enzo Bianco è lapidario. L’operazione avviata ieri è un segnale importante nel contrasto all’immigrazione clandestina. «Essere riusciti a coinvolgere il governo sloveno in questa operazione, così come avvenne con Tirana, mi pare sia un risultato positivo che ci consente, tra l’altro, di esercitare un controllo più mirato e specifico. Perchè oltre all’azione "fisica" di contrasto, che non è certo quella che può fermare il flusso di clandestini, si inizia a lavorare concretamente sul piano investigativo - continua il ministro Bianco -, In questi mesi siamo riusciti, tra l’altro, a far passare il principio che il problema del controllo dei confini dell’Unione Europea non può essere soltanto affrontato dai Paesi che hanno il maggior numero di chilometri di frontiere da coprire, nel caso specifico l’Italia e la Spagna. Sono provvedimenti concreti, così come la firma degli accordi di riammissione, l’utilizzazione dei centri di permanenza temporanea e l’applicazione dei decreti che stabiliscono il numero di immigrati regolari».

Altrettanto soddisfatto Fabio Evangelisti, presidente del comitato Schengen. «Siamo sinceri: in passato ci siamo concentrati unicamente sul fronte pugliese e calabrese. Le organizzazioni criminali, però, sono più flessibili nel modificare i loro traffici di uomini con il risultato di veder rafforzato il flusso via terra lungo la direttrice Lubiana-Gorizia». «Le pattuglie miste non sono la panacea anti-clandestini - commenta l’onorevole diessino - ma rappresentano un significativo tassello nel rapporto transfrontaliero. È un primo passo al quale dovranno farne seguito altri. Perché l’emergenza clandestini si aggredisce operando su tre fronti: la cooperazione di polizia, quella giudiziaria e la cooperazione diplomatica». Ecco perché le pattuglie non sono da bocciare a priori. «Non serve sparare alle frontiere, innalzare muri o scavare trincee - conclude Evangelisti - per chi fugge perché spinto dalla disperazione o dalla persecuzione politica non vi saranno mai ostacoli insormontabili».
r.m.

 

Anche Lubiana ora «blinda» le sue frontiere




LUBIANA - Il problema degli immigrati clandestini preoccupa sempre più anche la Slovenia, assalto di disperati mette a dura prova la polizia, i servizi sociali e le strutture sanitarie d’oltreconfine. Il Ministero degli Interni di Lubiana sta preparando una serie di misure atte a frenare l’emigrazione verso i centri d’accoglienza sloveni, che spesso sono soltanto una tappa verso più ambite destinazioni in Paesi euro-occidentali. Tra una settimana entreranno in vigore alle frontiere nuovi provvedimenti che riguardano i cittadini stranieri. Andranno applicate severamente le disposizioni della legge sugli stranieri, che in uno dei suoi articoli consente di respingere coloro che possono rappresentare un pericolo per l’ordine pubblico. La polizia di frontiera verificherà, in particolare, se le persone in questione si sono macchiate in passato di reati gravi, se sono legate in qualche modo a organizzazioni terroristiche, se sono tossicodipendenti o se sono in possesso d’attrezzature che potrebbero essere usate per atti criminosi. Procedure precise dovranno stabilire le condizioni finanziarie di chi si dichiara solo in transito: le autorità slovene chiederanno agli interessati, di dimostrare se dispongono di mezzi necessari alla sussitenza in Slovenia e per proseguire il viaggio sino a destinazione. D’altra parte ai confini potrano essere richieste e rilasciati visti speciali a chi ne è sprovvisto e necessita di assistenza.
Stanno cambiando anche le regole sullo status di rifugiato in Slovenia: saranno snellite le pratiche per la concessione dell’asilo per motivi politici o umanitari.