del 16 gennaio 2001
L’obiettivo principale è quello di incrementare le
riammissioni di clandestini in Slovenia
Pattuglie miste al via. Da ieri agenti italiani e sloveni controllano il confine
«La concretizzazione degli
accordi del memorandum sottoscritto da Slovenia e Italia nel ’97 e dei patti
cooperazione del ’98».È stata definita in questi termini, nel corso di una
conferenza stampa, l’operazione di pattugliamento misto del confine italo -
sloveno, partita appunto ieri con il primo turno alle 13 dalla Casa rossa. Il
servizio di sorveglianza si muoverà sulla fascia confinaria per intercettare i
clandestini e sarà costituito da tre agenti per la pattuglia in territorio
italiano (di cui uno sloveno) e tre per quella in Slovenia, dove opererà un
poliziotto italiano (le jeep della polizia opereranno congiuntamente nei due
territori su fasce diverse per coprire meglio l’area). Alle 18 (e fino a
mezzanotte) ci sarà, ogni giorno, il cambio di turno per tenere sotto controllo
soprattutto i punti più caldi tra il confine di Merna e quello di Salcano, con
l’aiuto di un elicottero attrezzato per il volo notturno. In futuro, però,
come ha anticipato Giuseppe Padulano, responsabile della IV zona della Polizia
di frontiera, l’iniziativa sarà potenziata ed estesa, anche perché si tratta
di una fase di carattere sperimentale di cui saranno tirate le fila tra alcune
settimane.
«L’immigrazione clandestina è un fenomeno di carattere internazionale – ha
rimarcato il direttore di Polfrontiera – e quindi la cooperazione è
necessaria come strategia per migliorare un’azione di contrasto a livello
preventivo, una collaborazione che ci ha permesso tra l’altro di mettere le
mani su organizzazioni malavitose che gestiscono gli ingressi clandestini. L’importanza
di questo strumento tecnico-operativo in cui crediamo molto – ha continuato
Padulano – si può in sostanza riassumere nell’efficacia che avrà la
presenza del poliziotto d’oltreconfine per attestare i rintracci dei
clandestini in Slovenia e poi nel significato simbolico che ha la cooperazione
tra i due Stati per risolvere il problema».
Se infatti finora non erano molto rare le prove tangibili della provenienza dei clandestini dalla Slovenia, circostanza che rende ancor più problematiche le procedure di riammissione degli sventurati (in Slovenia, è bene ricordarlo, l’immigrazione clandestina è un reato che prevede la comparizione dinanzi a un giudice per la condanna all’espulsione), d’ora in poi il poliziotto sloveno testimonierà il passaggio con una relazione di servizio. I dati resi noti dal Sap nella conferenza stampa prima dell’avvio delle pattuglie, parlano di 16,6% di riamissioni in Slovenia su un totale di 20 mila pratiche di avviate nel 2000.
D’altro canto, quando la Slovenia entrerà a far parte dell’Unione europea, il confine esterno si sposterà proprio in questo Stato e, con il rintraccio di ben 35 mila clandestini sul suo territorio nel 2000, le forze dell’ordine dei nostri vicini si preparano a questo appuntamento in anticipo, anche attuando queste forme di collaborazione con l’Italia, che adesso vive in pieno questa esperienza. Sono in corso, ha confermato il questore di Nuova Gorizia Jaka Ceferin, contatti anche con le Polizie di Bosnia, che ha appena introdotto l’obbligo del visto per gli iraniani, e Croazia per fare in modo che il passaggio non sia traumatico.
In merito alle critiche mosse alle pattuglie dal Sap le risposte dei vertici della Polizia slovena e italiana sono state molto laconiche, nel senso che si è cercato di dare, a quella che invece è risultata essere una sentenza di condanna senza appello, una connotazione "costruttiva". Padulano ha infatti sottolineato che ogni critica deve essere ascoltata, soprattutto in questa prima fase dell’iniziativa che, essendo di sperimentazione, è perfettibile in ogni sua componente.
Isabella Franco
Il Sap: è una manfrina. Qui ci vuole l’Esercito
Pistole giocattolo su un tavolino davanti all’ingresso della caserma
Massarelli, dietro i rappresentanti del Sap, il sindacato autonomo di Polizia
decisi a demolire più o meno tutti gli aspetti dell’operazione che stava per
partire a pochi metri di distanza. Definendola un’operazione meramente di
facciata ieri mattina, contestualmente all’avvio delle pattuglie
"ordinarie", hanno fatto partire una controppattuglia di aderenti al
Sap per rendere manifesto il fatto che non servono certo tre uomini che operano
su un turno di sei ore per contrastare efficacemente la piaga dell’immigrazione
clandestina, tant’è vero che, dopo essere regolarmente passati in territorio
sloveno, tre agenti (trai quali il vicesegretario provinciale del Sap,
Grinovero) sono "rispuntati" da un passaggio situato dietro la caserma
Massarelli.
E fin qui, non sembra che il sindacato abbia scoperto l’acqua calda. Il nodo su cui si sono maggiormente accaniti i rappresentanti, come volevano metaforicamente dimostrare le armi giocattolo, è invece l’accordo in base al quale gli agenti italiani non potranno essere armati quando opereranno in Slovenia, come è previsto per i poliziotti d’oltreconfine sul nostro territorio.
«Questa manfrina – ha detto il segretario nazionale del
Sap Maccari – è una vera truffa ai danni del cittadino. La pattuglia è la
stessa di sempre, con la differenza che il nostro poliziotto deve fare la balia
a quello straniero, tutto ciò, ovviamente, ai danni dell’operatività».
Per quanto riguarda l’elicottero di supporto alle operazioni di pattugliamento
a terra, il Sap lo ha bollato come supporto "patetico" visto che il
kit non è adeguatamente equipaggiato ed è, secondo loro, un mezzo fatiscente,
cui restano da compiere, prima della manutenzione obbligatoria, solo 10 ore di
volo.
Sulle stesse posizioni del Sap anche un altro sindacato di
Polizia, il Lisipo, che ribadisce la propria contrarietà alle pattuglie miste
definendola una mossa preelettorale e politica con poca utilità pratica. Il
governo, secondo il segretario del Libero sindacato Mario De Marco, non è
capace di far rispettare alla Slovenia gli accordi sulle riammissioni. Cosa
propongono allora in sostanza i due sindacati, dal momento che anche lo scopo
principale di questa operazione, cioè la collaborazione tra le polizie dei due
Stati, è stata definita marginale poiché già esisteva?
«Non è in discussione la necessità che il confine sia controllato – ha
dichiarato Maccari –, ma noi vogliamo l’esercito. Chiediamo inoltre al più
presto un centro per poterli rifocillare come si conviene a delle persone, così
noi potremo fare il nostro mestiere».
I.F .