del 10 febbraio 2001
PAGINA NAZIONALE
RAPPORTO SICUREZZA In tre anni quasi 27 mila disperati hanno varcato illegalmente il confine orientale creando nuovi problemi di controllo dell’ordine pubblico
Clandestini, l’Italia scopre l’emergenza a Nordest
Il meccanismo dei rimpatri funziona poco: su 18 mila richieste di riammissione
la Slovenia ne ha accolte 3522.
GORIZIA È l’emergenza del Duemila per il Friuli-Venezia Giulia. Ora, per
la prima volta, è ufficialmente un’emergenza nazionale. «Dimenticati» nel
recente Rapporto sull’immigrazione, i flussi clandestini attraverso il confine
italo-sloveno dalla scorsa estate hanno assunto uno spessore che non poteva
essere trascurato. E così è stato. Nel sesto capitolo del Rapporto sullo stato
della sicurezza in Italia presentato ieri dal ministro dell’Interno Enzo
Bianco, infatti, ampie analisi e statistiche vengono riservate al caso-Gorizia.
Con una considerazione tra tutte: «Al confine con la Slovenia, la pressione
migratoria illegale ha assunto, negli ultimi anni, connotati ed entità di
assoluto rilievo». È la prima «sentenza» così chiara, così inequivocabile.
I flussi migratori: un’ondata.
I dati sono impressionanti. Dal Rapporto emerge come negli
ultimi tre anni la pressione migratoria alla frontiera italo-slovena è andata
progressivamente aumentando, come dimostra il dato relativo ai rintracci (ai
quali, inoltre, si devono aggiungere quanti riescono ad eludere i controlli):
2.564 nel 1998, 6.068 nel 1999, 18.044 nel 2000. Ovvero 26.676 in tre anni.
Dalla fine dello scorso anno si è andato registrando un forte incremento degli
ingressi illegali di mediorientali: lo scorso anno, 8.222 dei 18.044 clandestini
rintracciati erano iraniani, mentre nel 1999 erano solo 422. In notevole aumento
anche i clandestini turchi (3.473 nel 2000 a fronte degli 846 registrati nel
1999) ed iracheni (878 nel 2000, 246 nel 1999).
Le rotte dei clandestini
Gli immigrati che scelgono il confine orientale sono per lo più originari dei Paesi dell’Europa centro-orientale (jugoslavi, rumeni, macedoni, bosniaci, moldavi). Importante anche la presenza di turchi e iracheni di etnia curda, iraniani, asiatici del sub-continente indiano (bengalesi e pakistani) e cinesi. Di recente, però, si è delineato un nuovo fenomeno. Sul litorale delle province di Trieste e Gorizia sono stati infatti rintracciati numerosi clandestini provenienti via mare dalle coste slovene e croate, dove erano giunti seguendo gli itinerari Dacca-Mosca per via aerea, poi via terra in Ucraina, Romania o Bulgaria, fino in Croazia e Slovenia».
Dall’Austria nei Tir
Attraverso il confine nascosti in pullman, roulotte e
caravan. Ma, soprattutto, nei veicoli commerciali. È una delle modalità più
utilizzate dai trafficanti di uomini che sfruttano la cosiddetta rotta balcanica.
Un fenomeno che, sebbene in misura minore rispetto ad altri confini, interessa
la frontiera con l’Austria. Sempre nascosti nei Tir, il clandestini giungono
anche nei principali porti dell’Adriatico (quindi anche Trieste) interessati
da collegamenti marittimi regolari con la Grecia e la Turchia.
Documenti falsi, un exploit
A piedi o in auto attraverso la frontiera, ma non solo. Secondo il Rapporto, infatti, esiste un numero non trascurabile di stranieri che tenta di eludere i controlli di frontiera esibendo documenti di viaggio o visti falsificati o contraffatti. In un’ipotetica graduatoria, un posto di rilievo spetta ai cittadini cinesi che, approfittando della somiglianza dei propri tratti somatici con quelli di giapponesi, coreani e orientali in genere, si avvalgono di documenti emessi dalle autorità di questi Stati, ottenuti fraudolentemente. Il fenomeno riguarda soprattutto gli scali aeroportuali e quelli marittimi. Trieste e Venezia (accanto a Otranto, Bari e Brindisi) vengono così considerati «a rischio».
Il «caso» Sarajevo
L’evidenza, ormai, è tale da non poter essere elusa
nonostante le esigenze «diplomatiche». È il caso-Sarajevo, ovvero l’imbarazzante
ruolo della capitale bosniaca quale punto di raccolta dei cittadini
mediorientali e quelli provenienti dall’Asia. «Fanno ingresso in Bosnia
agevolati dal blando regime dei visti vigente e dalla scarsa efficienza dei
dispositivi di controllo alle frontiere. - illustra senza mezzi termini il
Rapporto - Da Sarajevo i clandestini raggiungono l’Italia e gli altri Paesi d’Europa
occidentale transitando preferibilmente attraverso la Croazia e a Slovenia».
Come fronteggiare il fenomeno?
Ed ecco fare capolino le pattuglie miste, ma anche il nuovo assetto della polizia di frontiera, la centralizzazione delle informazioni sulle correnti di immigrazione illegale e sui gruppi deliquenziali, l’adeguamento tecnologico e il potenziamento della polizia scientifica, gli accordi tra Stati. Peccato che tra i dispositivi di cooperazione bilaterali di polizia (ovvero le pattuglie miste) quello italo-sloveno, così pubblicizzato localmente, per una «svista» non sia nemmeno citato...
Molti rintracci, pochi respingimenti
Rispetto al 1999, lo scorso anno sono aumentati i rintracci dei clandestini (rispettivamente 112.881 e 130.791 in tutta Italia), ma - come osserva il Ministero - il massiccio impiego delle forze di polizia non si è tradotto in un incremento degli stranieri allontanati dal territorio nazionale (66.057 nel 2000 a fronte dei 72.392 del 1999). «La flessione - si legge - è ascrivibile al decremento dei respingimenti alla frontiera legato anche alle difficoltà riscontrate nell’applicazione dell'accordo di riammissione con la Slovenia (su 18.044 istanze di riammissione presentate nel 2000 ne sono state accolte solo 3.522).
Roberta Missio
CRONACA DI GORIZIA
L’alto dirigente designato inizialmente dal Viminale spiega la sua «misteriosa» uscita di scena
Il questore Di Maio: «Ecco perché non sono a Gorizia»
«L’emergenza clandestini non viene affrontata in modo
organico. Meglio la pensione!»
«Una scelta importante effettuata sulla base di specifiche professionalità. Ha infatti grande esperienza nel controllo delle frontiere e nel contrasto dell’immigrazione clandestina». Così, in una nota ufficiale datata 19 gennaio, il Viminale annunciava l’arrivo di Luigi Di Maio, 61 anni, in qualità di nuovo questore di Gorizia. Doveva assumere l’incarico nei primi giorni di febbraio ma, poi, qualcosa si è inceppato.
Prima un certificato medico con il quale veniva posposto l’arrivo al 19 febbraio, poi la richiesta di prepensionamento. Infine, la sua sostituzione con Salvatore Mulas, 45 anni, che da giovedì è a capo della polizia isontina. Un susseguirsi di avvenimenti che, inevitabilmente, ha lasciato aperto qualche interrogativo. Perché Di Maio non è più giunto a Gorizia? È stata totalmente una sua scelta? L’Isontino è, professionalmente e umanamente, così indesiderabile?
«Assolutamente no! Sapesse quanti amici ho in Friuli-Venezia Giulia che non vedevo l’ora di rivedere». Di Maio sbotta all’idea d’essere frainteso. La grinta è la stessa per la quale, negli ultimi cinque anni, si è fatto conoscere ed apprezzare quale dirigente dell’Ufficio stranieri della Questura di Roma. Incarico certamente non facile con le sue 100 richieste di asilo politico al giorno o gli 800 permessi di soggiorno rilasciati ogni 24 ore in una capitale che conta complessivamente su 270 mila immigrati regolari, tanto per citare qualche dato statistico.
Dunque, possibile che un dirigente abituato ai ritmi capitolini potesse arretrare dinanzi alla sfida goriziana? «Sono un uomo operativo e concreto e, come tale, non volevo prestarmi a fare il pagliaccio! - tuona Di Maio - La realtà è diversa da quella che mi era stata prospettata». «Quando il Capo della polizia mi ha assegnato a Gorizia ho accettato subito, con piacere - spiega - Ho iniziato così ad approfondire la realtà isontina e l’emergenza clandestini, avanzando al Viminale perplessità e richieste. Gorizia è un problema nazionale e come tale deve essere gestito: ci vogliono scelte organiche, chiare e precise possibilmente raccordate con realtà quali Brindisi o Lecce».
«A Roma ho gestito il centro di prima accoglienza ed è stato difficile e impegnativo, nonostante la vicinanza di un aeroporto a 4 chilometri e della capitale a 3 chilometri. Figuriamoci un centro d’accoglienza a Gradisca dove 170 posti si possono saturare in un giorno. Per non parlare della lontananza dai consolati... Se si vuole espellere un immigrato clandestino che ovviamente giunge in Italia privo di passaporto, lo si deve munire di documenti idonei. Come si fa se i consolati sono lontani? Sempre che collaborino...E gli uomini? I mezzi? Non basta una pattuglia in più!».
Insomma, Di Maio - la gestione di due sanatorie alle spalle,
una vita nella Polizia, una profonda conoscenza del fenomeno migratorio
riconosciuta dallo stesso Viminale - ha detto basta. Non ritenendo che l’emergenza
clandestini venga gestita nel modo più opportuno e più organico, ha preferito
la scelta più drastica. «Non mi presto! - commenta con la voce segnata dall’amarezza
- Così... preferisco andarmene in pensione».
Roberta Missio