del 07 dicembre 2000
ATTUALITÀ
Il capo del Viminale a Gorizia per una serie di vertici operativi: obiettivo "blindare" un confine diventato emergenza
Bianco: elicotteri contro i clandestini
«Dal 2001 pattuglie miste di poliziotti italiani e sloveni,
la cooperazione è l’arma anti-immigrazione»
dall’inviato
GORIZIA – «Parliamoci chiaro: qui l’esercito non serve,
l’immigrazione clandestina si combatte solo con l’impegno e la
collaborazione tra gli Stati. Ma noi vogliamo fare di più: e all’attività
diplomatica affianchiamo l’uso di elicotteri attrezzati per il volo notturno e
pattuglie miste di poliziotti italiani e sloveni che fermeranno i clandestini».
Enzo Bianco si siede sulla poltrona nella sala di rappresentanza della
Prefettura di Gorizia e "spara" la notizia. Con un colpo al cerchio e
uno alla botte: no all’esercito, ma sì agli elicotteri; no alle telecamere
sui confini, ma uso migliore delle pattuglie miste. La Regione è contenta, gli
uomini che lavorano e rischiano sul campo pure.
La mattinata del capo del Viminale a Gorizia è stata intensa. Appena atterrato a Ronchi, è salito sull’elicottero della polizia e ha sorvolato il confine con la Slovenia: una ricognizione per rendersi conto di una linea lunga 243 chilometri che non sarà quella del Piave, ma che bisogna proteggere meglio. Da gennaio, attraverso quella linea, sono passati 35 mila clandestini.
Bianco era accompagnato dal capo della polizia, Gianni De Gennaro, dal comandante generale dei carabinieri, Sergio Siracusa, e dal capo della Guardia di finanza, generale Rolando Mosca Moschini. Dopo il volo, subito in Prefettura, una full immersion nei problemi. Con soluzioni operative.
Prima ha visto il presidente della regione, Roberto Antonione, poi è stata la volta dei prefetti di Trieste e Gorizia. A seguire i sindaci di Trieste e di Gorizia, i presidenti delle province di Gorizia e Trieste, i sindaci di tutti i Comuni isontini, gli uomini del mondo del volontariato.
E davanti ai giornalisti si è presentato con le proposte del governo e con le decisioni operative già prese.
Facciamolo parlare. «Dai primi giorni di settembre, il governo sta elaborando un progetto di intervento lungo il confine del Friuli». Perché è diventata la frontiera più calda. «Il fronte della Puglia e quello della Calabria è sotto controllo, abbiamo ottenuto risultati nel controllo degli sbarchi, anche grazie alla collaborazione con le autorità albanesi e con quelle turche». E questo ha fatto spostare il flusso verso la Slovenia: 35 mila arrivi da gennaio. «Per questo, con il governo di Lubiana sono già stati presi contatti per ampliare la collaborazione – ha detto Bianco – e semplificare così le procedure di riammissione in Slovenia degli espulsi previste da un accordo bilaterale. In questo senso si inquadra anche il ruolo delle pattuglie miste italo-slovene. Un’altra linea di azione del governo – ha aggiunto – riguarderà un nuovo modello di coordinamento tra le diverse forze di polizia e per questo obiettivo verrà istituita una task-force coordinata dal prefetto di Trieste».
L’esercito? Meglio di no. «La frontiera con la Slovenia
– ha spiegato – è lunga 243 chilometri, in gran parte di pianura e abitata
da persone abituate a vivere insieme con spostamenti transfrontalieri, non
adatta, quindi a un modello tradizionale di pattugliamento».
Ma che fare dei disperati che riescono a entrare? Bianco ha annunciato l’apertura
di uno o due centri di permanenza obbligatoria, uno in provincia di Gorizia e l’altro
a Trieste. Nei prossimi giorni, inoltre, verrà aperto a Gradisca un centro di
prima accoglienza. Verrà ospitato nell’ex caserma Polonio e sarà in grado di
ospitare 300 persone. Il sindaco della cittadina, Gianni Fabris, ha detto sì,
ma ha chiesto al ministro «le massime garanzie di sicurezza».
Ma in regione si è fatto molto di buono e bisogna sfruttare il patrimonio. Per questo, Bianco ha incontrato i responsabili delle Procure di Trieste, Gorizia e Udine. «Il modello sperimentato dalla Dda di Trieste, che ha consentito di mettere a segno importanti risultati – ha detto il capo del Viminale – verrà ripetuto anche nelle altre due province».
Più lavoro, più intelligence. Più controlli e meno polemiche. «Sviluppiamo le sinergie – ha concluso Bianco –: qui non si tratta di dividersi tra forze politiche, ma di impegnarsi per la sicurezza di queste terre. L’abbiamo già fatto in altre zone, ci riusciremo anche qui». E mentre se ne va, sembra più di una promessa.
Antonione: nuova attenzione per il Friuli
GORIZIA
– «E’ un segnale positivo di una nuova attenzione del governo sul problema
dell’immigrazione clandestina attraverso i nostri confini, anche se alcuni
problemi rimangono aperti, ma devo ricordare che è da più di un anno che la
regione e gli enti locali del Friuli-Venezia Giulia hanno chiesto l’attenzione
che oggi è stata manifestata».
Il presidente della giunta regionale Roberto Antonione ha apprezzato l’iniziativa
del ministro dell’interno Enzo Bianco che ieri, nella prefettura di Gorizia,
ha incontrato, oltre allo stesso antonione, il presidente della provincia
Giorgio Brandolin, i sindaci dell’Isontino e il sindaco di trieste Riccardo
Illy. Presenti all’incontro anche consiglieri regionali della provincia di
Gorizia e l’onorevole Mario Prestamburgo (Ppi).
Antonione ha ricordato l’ordine del giorno recentemente votato in consiglio
regionale su questo problema, nel quale era prospettata la richiesta di
utilizzare l’esercito nel controllo dei confini. «Sappiamo che questo non
rappresenterebbe la soluzione di un problema molto articolato – ha detto
Antonione – ma è altrettanto chiaro che i cittadini hanno bisogno di vedere
le istituzioni dello stato e locali concretamente impegnate e vicine ai problemi
del territorio».
Rimangono aperti, secondo Antonione, i problemi dei centri di accoglienza e quelli dell’assistenza ai minori non accompagnati. «I comuni chiedono il nostro intervento – ha detto antonione – ma dallo stato noi abbiamo finora ricevuto solo una parte dei finanziamenti del 1999: occorre completarli ed erogare quelli per il 2000».
In merito alle quote di ingresso di lavoratori extracomunitari, la regione, assieme agli enti locali, chiede di rivedere lo «status» dei lavoratori transfrontalieri, per la gran parte sloveni, che oggi sono considerati extracomunitari, ma il cui conteggio porta ad esaurire in pochi mesi la possibilità di assumere lavoratori immigrati. In una logica che vede la slovenia nell’Unione europea entro pochi anni, i lavoratori tranfrontalieri, secondo la regione, vanno considerati in modo diverso, quasi una premessa alla mobilità del lavoro propria dei paesi dell’Unione europea.
Collavini (Fi): proposte vuote
Ruffino (Ds): no, importanti
UDINE – Dividono il mondo politico le proposte del ministro
Bianco.
Per l’onorevole Manlio Collavini (Fi), quelle del ministro «sono grandi
proposte, ma vuote». «Sarò schenatico: Bianco annuncia la collaborazione con
gli altri paesi per bloccare i flussi, ma è dimostrato che questi accordi non
servono. In particolare, quelli con la Slovenia che non affronta e non ha mai
affrontato seriamente il problema. La storia delle quote, poi, è pura
fantascienza».
Collavini calca la mano. «Gli elicotteri? Soltanto uno spreco di denaro, Noi proponiamo, da tempo, non già l’uso degli elicotteri, ma l’impiego dell’esercito: un contingente di militari ai confini e sulle spiagge scoraggerebbe l’arrivo dei clandestini». Conclusione: poca fiducia nelle grandi promesse di Bianco.
Secondo l’onorevole Elvio Ruffino (Ds), invede, «le misure annunciate dal ministro Bianco per combattere l’immigrazione clandestina ai confini del Friuli-Venezia Giulia sono di straordinaria importanza».
Secondo Ruffino, «queste misure, che – ha aggiunto – sapevamo da mesi allo studio del governo, esprimono una strategia d’intervento di particolare efficacia fondata sulla centralità dell’investigazine, sulla collaborazione con la polizia slovena, sul controllo delle zone di confine rafforzato da dotazioni tecnologiche adeguate».
Per Ruffino, «sono il segno di una volontà decisa e molto concreta del Governo sia la costituzione di una "task force" tra le forze di polizia coordinata dal prefetto di Trieste, sia la previsione di istituire anche a Gorizia e a Udine la Direzione distrettuale antimafia presso la Procura, che ha dato ottimi risultati a Trieste.
Francamennte ridicolo – ha concluso Ruffino – è l’atteggiamento del presidente della giunta regionale che ora riconosce che l’utilizzo dell’esercito, ieri invocato come decisivo, non sarebbe una soluzione ma che nel contempo non modifica la posizione ostile della giunta regionale alla costituzione di un centro di permanenza temporanea indispensabile per controllare ed espellere gli immigrati pericolosi».
Friuli modello per la lotta
Parla il ministro: «Esporteremo il lavoro della Direzione antimafia»
dall’inviato MARCO GALVI
GORIZIA – Porta una di quelle cravatte azzurro chiaro che si vedono in certi
matrimoni di provincia. E ha l’aria stanca di chi si è fatto duemila
chilometri in 24 ore: martedì a Catania, ieri a Gorizia. Un tour de force
anti-immigrazione. Parlare con i prefetti, convincere i sindaci, firmare
accordi. È l’immigrazione clandestina la prima emergenza nazionale, bisogna
darsi da fare.
Ministro, da qui sono passati 35 mila immigrati da gennaio.
Senza contare quelli che sono riusciti a farla franca. Siamo in piena emergenza:
cosa bisogna fare?
«Stare tranquilli e lavorare. Quando le frontiere calde erano quelle della
Puglia e quella della Calabria non ci siamo fatti prendere dal panico. Abbiamo
messo in campo un’efficace azione di contrasto e abbiamo fatto accordi. È
questa la strada: gli albanesi e i turchi si sono impegnati a controllare meglio
le coste, a indagare sulle organizzazioni che trafficano in esseri umani. E i
risultati si sono visti. E ora stiamo facendo la stessa cosa con la Slovenia:
lunedì abbiamo firmato l’accordo con Lubiana per le pattuglie miste. Ma c’è
un protocollo altrettanto importante che riguarda le "restituzione" di
chi passa il confine illegalmente. E faremo gli stessi accordi con la Croazia e
la Bosnia».
La vostra parola d’ordine sembra essere scoraggiare,
riammettere, proteggere.
«Non sembra. È. Scoraggiare vuol dire combattere i trafficanti. Riammettere
significa che gli Stati-ponte, come la Slovenia, devono riprendersi gli
illegali. Proteggere vuol dire controllare i confini. Questa è la parte più
difficile: 243 chilometri di confine solo con la Slovenia. Un confine
"strano", a cavallo del quale abita gente abituata a vivere gomito a
gomito. Qui tutto è transfrontaliero. Ma l’Italia intera ha 7.996 chilometri
di frontiera marina e 1.878 chilometri di confini terrestre. Un’immensità».
Ma noi abbiamo bisogno degli immigrati. Di quelli regolari,
intendiamo.
«Certo. E questa è l’esatta linea del governo, la linea alla quale si ispira
la legge Turco-Napolitano. Che vuol dire contrasto ai clandestini e
regolamentazione dei flussi di chi vuol entrare in Italia legalmente e per
lavorare. In questo paese c’è bisogno di immigrati per il mantenimento del
livello di sviluppo. Qui servono nell’industria, ma anche nel turismo. Senza
contare che gli anziani e in molti casi anche i bambini sono ormai accuditi da
donne dell’Est europeo. Quindi, sono una risorsa».
Torniamo alla fase operativa. La Regione ha chiesto l’esercito per controllare
i confini e addirittura le telecamere.
«Beh, è un errore. Lo dicono tutti e a Roma lo sappiamo bene. Tuttavia, comprendo il bisogno di sicurezza dei cittadini. Per questo abbiamo pensato all’uso di elicotteri abilitati al volo notturno. Un’arma in più per controllare meglio la frontiera. Ma, ripeto, per vincere la partita bisogna seguire la strada degli accordi internazionali e del lavoro di intelligence. Il Friuli è un modello e per questo "esporteremo" il lavoro della Direzione distrettuale antimafia di Trieste, che ha raggiunto brillantissimi risultati. E poi, come facciamo a mandare l’esercito qui quando in provincia di Gorizia ci sono 8 mila tra poliziotti, carabinieri e finanzieri. Personale ottimo, bisogna solo organizzare meglio e ottimizzare le risorse».
A proposito di sicurezza, moltissimi a Gorizia temono l’apertura
di centri di accoglienza.
«Un altro errore. Intanto, a Gradisca ne apriremo uno di prima accoglienza.
Vedremo poi se sarà adatto a diventare un centro permanente. Un altro vedrà la
luce a Trieste. Ringrazio i sindaci che hanno detto sì. Attenti: questi centri
– parliamo di quelli di permanenza – non sono né alberghi né carceri e
sono regolamentati dalla legge. Gli immigrati possono restare al massimo 20
giorni e poi espulsi, qualora se ne ravvisino le condizioni. Alla gente che ha
paura voglio citare un esempio. A Milano c’era il centro di via Corelli, che
io stesso chiusi perché era contestato dalla gente del quartiere. Bene, dopo la
chiusura ci fu una contro-manifestazione e una raccolta di firme (seimila) e ci
chiesero di riaprirlo. L’abbiamo riaperto e ora sono tutti contenti».
E in Europa come la mettiamo? Ci considerano un colabrodo: da noi entra di
tutto.
«Ci consideravano un colabrodo. Ora siamo rispettati e guardati come il paese
che affronta meglio e con più attenzione il problema. Che è un problema
europeo. Per questo penso di organizzare, proprio in Friuli, una conferenza sul
contrasto dell’immigrazione clandestina. Abbiamo stretto accordi con Spagna e
Germania. Nostri poliziotti pattugliano i confini con la Polonia, tedeschi e
spagnoli ci danno una mano in Adriatico e sui confini terrestri. Siamo
considerati e ben attrezzati».
L’appello di Ciampi è stato una bella scossa.
«Lo è stato. Ma le do un dato precedente all’esortazione del capo dello Stato: da gennaio al 30 novembre abbiamo rimpatriato 60 mila persone. La legge e le forze di polizia funzionano».
E gli allarmi sul traffico di organi?
«La magistratura lavora, lasciamola lavorare. Io voglio solo dire che questi trafficanti senza scrupoli "commerciano" in tutto: sigarette, droga, esseri umani. E non mi stupirei se a questo turpe elenco si aggiungesse anche un traffico d’organi. Questa è gente pericolosissima. Ma io sono d’accordo con il procuratore antimafia Pier Luigi Vigna: vinceremo noi».
CRONACA DI GORIZIA
LA VISITA DI BIANCO. Il ministro ha annunciato ieri che la scelta è caduta sull’ex caserma "Ugo Polonio"
Un centro di accoglienza a Gradisca
Dal vertice in Prefettura anche la notizia della creazione di una struttura di permanenza obbligatoria
Un centro di accoglienza per clandestini si farà. È stata scelta Gradisca, precisamente la caserma "Ugo Polonio" sulla statale 305, già sede del battaglione Nembo.
L’annuncio è stato dato dal ministro dell’interno, Enzo Bianco, giunto ieri in città per toccare con mano i problemi legati all’emergenza immigrazione in queste terre. Il responsabile del Viminale era accompagnato dalle più alte cariche militari ed è stato ricevuto in Prefettura, dove ha avuto una prima riunione operativa con i procuratori della repubblica di Gorizia e Trieste, i prefetti e i rappresentanti delle forze di polizia delle due città. In precedenza, il responsabile del Viminale aveva sorvolato in elicottero la zona del confine e si era fermato, dopo un breve sopralluogo in macchina, nei pressi della Transalpina.
La scelta di Gradisca. «Quanto prima utilizzeremo una caserma dismessa come struttura di prima accoglienza», ha sentenziato il ministro. Dicevamo che la scelta è caduta su Gradisca. Ma, forse, non sarà l’unica città a ospitare, in provincia, un edificio creato appositamente per immigrati. Bianco ha parlato anche della possibile apertura di un’altra struttura a Trieste ma, soprattutto, di un centro di permanenza obbligatoria nell’Isontino gestito dalla Croce rossa. La sede non è stata definita, lo sarà nelle prossime settimane nel corso di una serie di incontri che il prefetto avrà con sindaci e autorità locali. «Non si può continuare ad alimentare il grave disagio della caserma "Massarelli" anche perché – ha aggiunto il ministro – è impossibile impiegare gli agenti soltanto in compiti legati al rintraccio degli extracomunitari».
Il sindaco lo sapeva. Gianni Fabris, primo cittadino di Gradisca, non è piombato dalle nuvole. Confessa che era stato informato della scelta caduta sulla "Polonio" già qualche mese fa. «Ma – ammette – nella massima discrezionalità». Fabris sostiene che il problema «doveva essere risolto ed era inutile rimpallare le responsabilità. E’ chiaro che ho chiesto garanzie precise sulla sicurezza pubblica. La Regione – continua il sindaco – ma anche la Provincia e gli altri comuni mi hanno promesso che attiveranno i servizi di volontariato perché quel centro non diventi un lager, ma renda a quella povera gente una permanenza la più dignitosa possibile». Si parla di duecento poliziotti di guardia all’ex caserma e questo dovrebbe rappresentare un deterrente contro qualsiasi forma di attentato alla tranquillità di Gradisca. «Certo, da oggi mi aspetto attacchi da ogni parte, ma a tutti cercherò di spiegare – precisa il sindaco – i motivi di questa scelta. E poi voglio fare un appello all’intelligenza dei gradiscani nel trattare i propri simili con il dovuto rispetto». La "Polonio" fu eretta nei primi anni ’40 e all’inizio ospitò alcuni battaglioni dell’Esercito. Poi le Ss Karst Division occuparono la struttura militare fino al termine della seconda guerra mondiale. Gli italiani vi tornarono nel ’47. Abbandonata nel ’97, necessita di lavori di ripristino all’impianto elettrico e di riscaldamento.
L’ex Kennedy è ok. Bianco ha avuto un breve faccia a faccia anche con il direttore della Caritas diocesana, don Ruggero Dipiazza. Al centro della discussione, la trasformazione dell’ex collegio Kennedy (già San Giuseppe) di via Vittorio Veneto in centro di accoglienza. Un progetto portato avanti dalla stessa Caritas e che ha riscosso apprezzamento da parte del responsabile del Viminale. «Ho chiesto al ministro l’impegno del Governo a collaborare a questa iniziativa. Forse – rimarca don Ruggero – riusciremo a ottenere dei finanziamenti e lo Stato potrà attivare delle convenzioni per far sì che l’impegno dei volontari o di chi vorrà darci una mano possa essere continuativo. Mi sono preoccupato di sapere quante di queste persone l’Italia è in grado di far rientrare in Patria. Bianco di ha detto che circa il 60 per cento di coloro che sono ospiti in centri per immigrati fa ritorno al Paese d’origine e questo grazie ad accordi stipulati con le nazioni interessate».
Ma nel quartiere... Intanto il consiglio di quartiere di San Rocco e Sant’Anna ha prodotto l’altra sera, nel corso di un’affollatissima riunione, una delibera non ufficiale, una sorta di ideale invito rivolto sia alle autorità periferiche locali, civili e religiose, sia a quelle nazionali: sì, cioè, alla solidarietà e all’impegno umanitario, ma con altrettanta attenzione alla sicurezza delle popolazioni locali. Nel corso dell’assemblea, cui hanno preso parte anche l’ispettore Marras e l’assessore comunale Coana, è emersa contrarietà sull’ipotesi-Kennedy, mentre è stata avanzata, in alternativa, la soluzione dell’ex Opp.
Valenti perplesso, Brandolin deciso
Il sindaco: controllare pure altre frontiere. E il presidente della Provincia sprona il governo
Erano un po’ seccati i sindaci della provincia quando, poco prima di mezzogiorno di ieri, il loro incontro con il ministro Bianco non si era ancora iniziato. Ritardi del protocollo. Ritardi che hanno costretto il ministro a lasciare Gorizia un’ora dopo (erano le 13.40) il previsto. Alla fine, il summit ha prodotto ottimismo ma anche perplessità. Vi hanno preso parte pure il presidente della Regione, Roberto Antonione, quello della Provincia, Giorgio Brandolin, l’onorevole Prestamburgo, il sindaco di Trieste e alcuni consiglieri regionali. Particolare curioso: fra i primi cittadini, soltanto Valenti e Illy non indossavano la fascia tricolore.
Antonione ha evidenziato che «è da più di un anno che la
Regione e gli enti locali del Friuli-Venezia Giulia hanno chiesto l'attenzione
che oggi è stata manifestata» e ha ricordato l'ordine del giorno recentemente
votato in consiglio regionale nel quale era prospettata la richiesta di
utilizzare l'esercito nel controllo dei confini. «Sappiamo - ha detto Antonione
- che questo non rappresenterebbe la soluzione di un problema molto articolato,
ma è altrettanto chiaro che i cittadini hanno bisogno di vedere le istituzioni
dello Stato e locali concretamente impegnate e vicine ai problemi del
territorio». Rimangono aperti, secondo il presidente della Regione, i problemi
dei centri di accoglienza e quelli dell'assistenza ai minori non accompagnati.
«I Comuni chiedono il nostro intervento - ha detto Antonione - ma da Roma
abbiamo ricevuto solo una parte dei finanziamenti del 1999: occorre completarli
ed erogare quelli per il 2000».
Valenti si è detto dispiaciuto del fatto che per molti mesi il ministro abbia
ignorato una lettera con la quale il sindaco invitava lo stesso Bianco a un
incontro sul problema-immigrati. Ha ribadito che la battaglia va condotta con l’ausilio
degli altri Paesi dell’Est Europa, Slovenia in primis: «Le pattuglie miste al
confine? D’accordo, ma le frontiere da tenere sott’occhio – secondo il
sindaco – non sono soltanto quella italo-slovena: bisogna che anche Croazia e
Bosnia collaborino».
Il presidente della Provincia, che è stato un po’ l’artefice dell’arrivo in città di Bianco, ha fatto presente al ministro le problematiche non soltanto di Gorizia, ma anche dei piccoli comuni nei quali la presenza di clandestini talvolta crea difficoltà alle amministrazioni che non sanno come gestire questi disperati. Brandolin ha dichiarato che il nostro territorio è il primo a essere interessato al fenomeno-immigrazione e, proprio per questo motivo, il Governo ha il dovere di intervenire e tenere alta la soglia dell’attenzione. «Non possiamo pensare – ha aggiunto – di risolvere la questione a livello locale». Il presidente della Provincia ha preso parte anche al faccia a faccia fra il responsabile del Viminale e don Dipiazza (ne riferiamo nell’articolo a fianco).
L’onorevole Prestamburgo ha lanciato una proposta: quella di promuovere proprio a Gorizia una conferenza europea sull’immigrazione. «Si tratta di un’iniziativa – ha fatto presente il parlamentare – che conferirebbe grandissima visibilità al capoluogo isontino». Bianco non ha fornito una risposta definitiva. Si è detto favorevole ma, per ciò che concerne la sede, più che della nostra città ha parlato genericamente di Friuli-Venezia Giulia.
Il Sap è soddisfatto:
«De Gennaro è un signor capo della Polizia»
«L’incontro con il capo della Polizia De Gennaro ci ha lasciati soddisfatti. La massima espressione del dipartimento della Pubblica sicurezza ha fatto propria la linea da tempo rivendicata da questo sindacato, assicurando che, entro brevissimo tempo, in ambito provinciale verrà appositamente attrezzata una caserma militare dismessa che diverrà centro di smistamento per almeno trecento posti. In tale luogo i clandestini potranno essere adeguatamente ospitati e sottoposti a controllo sanitario.
Altresì sarà possibile per la Polizia procedere alla loro corretta identificazione, senza dover penalizzare tutti gli altri servizi istituzionali di controllo del territorio e di tutela della collettività». Il Sap (Sindacato autonomo di Polizia) si ritiene appagato dal vertice di ieri in Prefettura. La battaglia condotta da anni sulla questione-immigrati è stata illustrata a quello che il Sap definisce «un signor capo della Polizia, il quale, nell’indicare le foto che questo sindacato gli ha consegnato, foto che ritraggono le condizioni nelle quali vengono trattenuti i clandestini all’interno della caserma Massarelli, ha detto che situazioni del genere mai si dovranno ripetere». De Gennaro ha altresì assunto l’impegno di fare in modo che l’arretrato esistente per gli inserimenti Afis e Upgaip sia smaltito a livello centrale, sollevando dall’onere gli agenti di tali uffici, i quali potranno adempiere all’ordinario nel rispetto delle esigenze di ciascuno.
Sempre De Gennaro ha anche anticipato l’imminente emanazione di disposizioni finalizzate al potenziamento dei servizi di intelligence, in modo interattivo tra squadra Mobile, Digos e Ufficio stranieri (e in sinergia con altre specialità di polizia e altre forze dell’ordine), per affrontare il fenomeno dell’immigrazione clandestina.