del 5 novembre 2000

 

PAGINA 4 - INTERNI

 

IMMIGRAZIONE Il vicepresidente della Camera ha visitato la zona di frontiera e i clandestini ammassati nella caserma Massarelli

Giovanardi: «Gorizia è un’emergenza nazionale»

«Invito il ministro degli Interni a venire di persona». «Situazione più pesante che a Otranto»


GORIZIA - Per due ore ha vissuto nel girone dantesco dei disperati senza frontiere. Ha osservato e sentito di tutto, con l’espressione grave di chi riveste un’importante carica istituzionale e si trova sbattuta in faccia un’emergenza che ha i connotati di una sconfitta di Stato. Poi, in una stradina bianca a Salcano, guardando un confine che non c’è, sbotta: «Gorizia è una grande emergenza nazionale. Invito il ministro degli Interni a venire subito ad esaminare una situazione incredibile che, evidentemente, i suoi sottosegretari non hanno saputo cogliere. Perché qui, a Gorizia, si vive una realtà da terzo mondo. Non è un’emergenza: è una vergogna per l’Italia intera, una falla incredibile nel sistema normativo sulla questione immigrazione, una falla che rischia di far naufragare l’intera nazione».

Carlo Giovanardi, vice presidente della Camera, è durissimo. Dieci chilometri prima era a Redipuglia, a una cerimonia che tra i suoi tanti significati racchiude anche la fierezza dello Stato italiano e delle risposte che riesce a dare. Dieci chilometri dopo era a Gorizia, nell’ormai «famosa» caserma Massarelli per un blitz deciso all’ultimo minuto. Una visita a sorpresa per vedere di persona se l’emergenza clandestini è davvero tale o è solo il frutto di strumentalizzazioni, enfatizzazioni o scontri sindacali.
Arriva al confine della Casa Rossa. Ad attenderlo il questore Umberto d’Acierno e il capo della polizia di frontiera, Amorosa, ma anche i rappresentanti del Sap nazionale, Maccari, e isontino, Obit. Fiume in piena di clandestini, fiume in piena di parole. I poliziotti snocciolano a Giovanardi un’infinità di problemi e angosce, dal trattato bilaterale con la Slovenia ai rischi sanitari, dall’incivile accoglienza agli immigrati cui sono costretti a una Gorizia che rimane priva di pattuglie. Ma anche i computer inesistenti, l’organico della questura fermo al 1989, l’esasperazione degli agenti e così via, come un fiume che esonda.

Il vice presidente della Camera ascolta, silenzioso, mentre gli vengono mostrate le misere stanze che accolgono i clandestini. Sul sottofondo bimbi che piangono, uomini accucciati a terra, donne che all’acqua gelida di un rubinetto del cortile lavano gli slip dei figli. E poi quell’odore pungente di chi vive, mangia e dorme condividendo qualche metro quadrato con decine e decine di altri uomini. Ma anche poliziotti distolti al servizio di pattugliamento con un unico compito: controllare i clandestini nel continuo via vai verso i bagni chimici.

Giovanardi nel girone dantesco di Gorizia. Annota mentalmente, chiede spiegazioni: «Il volontariato vi aiuta? Sembra che la risposta della società civile sia inferiore a quella riscontrata al Sud...», «Si compiono accurate indagini?», «Dov’è la struttura di accoglienza più vicina?... Milano? Ma sono centinaia di chilometri...». Se i discorsi scivolano su accenni sindacali, Giovanardi taglia corto: «Siete bravi, ma questa emergenza sta travolgendovi. Il problema non è solo vostro, ma di tutta Italia: per 200 immigrati che fermate ve ne sono altri 800 che sono sfuggiti ai controlli». «Sono trascorsi due anni e mezzo dall’entrata in vigore della Legge Turco-Napolitano, ma qui manca un centro di primissima accoglienza. - commenta prima di ritornare a Roma - La macchina organizzativa gira a vuoto, e non potrebbe essere diversamente. Tutto ricade sulle spalle della polizia che, impegnata 24 ore su 24 a fronteggiare i clandestini non riesce a operare serenamente sul territorio. Siamo in piena inciviltà. Il fenomeno ha indubbiamente proporzioni maggiori che nel Sud. Altro che Canale d’Otranto!».