del 04 aprile 2001

 

Dopo giorni di apparente tranquillità, nella notte rintracciati 125 clandestini soprattutto di etnia curda

Prova del fuoco per il centro Caritas

L’ondata gestita a gruppi. Storie di povertà: ammassati in un Tir e «marchiati»



Improvvisa e imprevedibile. Ma, forse, l’avvisaglia di una nuova ondata di clandestini. Dopo giorni di numeri statisticamente irrisori che permettevano di osservare la linea confinaria con maggiore serenità, la scorsa notte Gorizia ha rivissuto i numeri dell’emergenza, quando centinaia di immigrati extracomunitari venivano rintracciati dalle forze dell’ordine. Così è stato tra lunedì e martedì. In 125 sono stati fermati in diversi punti della città, oltre a un passeur yugoslavo, M.A. di 44 anni, che è stato arrestato mentre aiutava quattro connazionali. Quei clandestini rappresentano, però, molto più di un «semplice» rintraccio. Sono il primo banco di prova della collaborazione Questura-Caritas su numeri consistenti. Donne, uomini e bambini che rappresentano anche il segnale che l’emergenza goriziana, nonostante gli sforzi compiuti a più livelli, non può ritenersi archiviata. Perché i trafficanti di uomini con grande duttilità modificano, diversificano, fingono di annullare alcune rotte. Ma non cedono: la posta in gioco è troppo alta. Così si scopre che negli ultimi cinque giorni la penisola viene costellata dai rintracci di clandestini di etnia curda. Da Ancona a Tarvisio, da Capo Rizzuto a Gorizia (dei 125 fermati la scorsa notte 70 erano curdi). Fino al peschereccio turco che domenica si è arenato sulla costa dell’isola greca di Evia. A bordo 447 clandestini curdi, tutti diretti in Italia.

Stesse storie di disperazione che ritrovi nel giardino del centro Caritas. C’è un gruppo di curdi: diversi bambini (fra tutti spicca un «cucciolo» di due anni che alla vista di un giocattolo e qualche arancia riacquista una gioiosità insperata) e anche due donne in attesa di un figlio. Per dirigersi in Germania hanno pagato all’organizzazione tre milioni a testa. Gli ultimi quattro giorni li hanno passati rinchiusi in un tir che li portava, come animali ammassati, verso l’Italia. E come bestie (per non arrivare ad ancor più drammatici ricordi legati alla Shoah) sono stati numerati: con un pennarello nero i passeur hanno segnato sulla loro mano destra la cifra in progressione.
Accanto a loro un nucleo familiare composto da 6 iraniani. È in viaggio da dieci giorni: per sognare una vita migliore hanno venduto tutto - casa, animali, terreni - per pagare i passeur che hanno preteso complessivamente 27 milioni. Degli indiani sirk, invece, hanno versato ai loro traghettatori 16 milioni per garantirsi tre mesi di viaggio. Arrivano e partono dal centro Caritas a gruppetti. C’è chi deve rifocillarsi, chi deve superare il fotosegnalamento, chi deve essere interrogato (come dispongono le recenti direttive del pool della Procura). Una gestione a «scaglioni» voluta dal questore Salvatore Mulas che consente al sistema accoglienza-controlli di non andare in tilt. Il lavoro è comunque tanto sia per i poliziotti che per i volontari che affiancano don Ruggero Dipiazza, ma appaiono finalmente lontane e sfuocate quelle immagini di corpi stravolti e ammucchiati che venivano «ospitati» alla Massarelli. I pranzi vengono ordinati direttamente dalla Questura a una ditta specializzata in base al numero dei clandestini fermati. Si è attenti a non offendere culture e religioni diverse: così viene offerta spesso la carne di pollo. Le diversità di abitudini si fanno comunque sentire e certe verdure vengono mangiate a fatica dai più piccoli. Servirebbero giocattoli, biancheria intima e calzini, ma anche saponi monouso e cracker. Solo una cosa non manca al Centro Caritas: la disponibilità dei volontari. È loro il merito se ieri in piazza San Rocco l’«onda» dei 125 clandestini è stata governata e non subita. Quando alle 7 la Questura ha avvertito che il numero dei rintracci era svettato, un tam-tam telefonico ha permesso di rafforzare la presenza all’ex Kennedy.

Una giornata di fuoco, poi - all’improvviso - tutto finisce. Via via che i clandestini agguantano il decreto di espulsione si allontanano dal centro. Hanno riposato solo qualche ora: un pranzo, una veloce doccia, qualche gioco per i bambini e le chiacchiere seduti in cerchio gli adulti. Ma il loro viaggio non è finito: andranno in Germania, in Francia, in Inghilterra. Ma questa volta a Gorizia hanno conosciuto non solo il volto della legge, ma anche quello della solidarietà.

Roberta Missio