del 01 aprile 2001
Dopo la clamorosa decisione di sospendere l’iter per la creazione di una struttura di temporanea permanenza a Gradisca
Centro immigrati, sindacati all’attacco
Il Sap: «Bisogna decidersi e i mezzi sono insufficienti». E il Lisipo: «Mossa influenzata dalle elezioni»
di FLAVIO NANUT
L’iter per la realizzazione del centro clandestini di Gradisca ha subìto un improvviso stop. Come riferivamo nell’edizione di ieri, in una nota il prefetto Galdenzi ha fatto sapere che, al momento, la realizzazione della struttura è sospesa mentre è in fase di elaborazione il progetto per la costruzione di un centro di prima identificazione e soccorso. Termini, questi ultimi, che mai si erano sentiti fino a ieri. Il dilemma che tormentava soprattutto i gradiscani era legato, almeno fino a pochi giorni fa, alla destinazione d’uso dell’ex caserma Ugo Polonio (nella foto), dove la struttura sarebbe sorta: il centro, si diceva, sarebbe stato con ogni probabilità di temporanea permanenza, tutto il contrario di quello che sindaco e cittadinanza avrebbero voluto. E adesso questa nota del prefetto sembra tagliare la testa al toro, introducendo però un concetto: che cos’è una struttura destinata alla prima identificazione e al soccorso?
«È quello che volevamo noi», spiega il presidente del Sindacato autonomo di Polizia (Sap), Maccari. «Da tempo – rimarca – andiamo sostenendo che in provincia serve un centro in cui i clandestini, dopo essere stati intercettati, possano essere condotti per affrontare quelle fasi necessarie dopo l’ingresso in Italia: si tratta di esigenze sanitarie, alimentari o più propriamente legate al lavoro della Polizia, come le procedure di identificazione. Strutture simili – precisa Maccari – esistono in Puglia.
La verità è che nell’Isontino di un centro di questo genere abbiamo bisogno e le intrusioni politiche rischiano di creare soltanto confusione. Purtroppo la campagna elettorale non aiuta in questo senso. E a questo punto – sottolinea il rappresentante sindacale – mi auguro che il prossimo governo obblighi tutte le regioni a scegliere, all’interno del proprio territorio, un luogo dove collocare strutture di accoglienza». E poi c’è il problema dei mezzi, per Maccari attualmente insufficienti: «Servirebbero nuove e più moderne apparecchiature per l’identificazione degli extracomunitari. Basterebbe investire un po’ di più di quello che si fa adesso perché, con le procedure attuali, impieghiamo una marea di personale».
Sulle presunte influenze della politica, a un mese e mezzo dalle elezioni, torna con prepotenza il presidente del Lisipo (Libero sindacato di Polizia), Ferone: «A mio avviso – afferma – quella sul centro di Gradisca non è stata una marcia indietro, bensì una scelta dettata proprio dalla campagna elettorale in corso. Parliamoci chiaro: un centro di temporanea permanenza, così come prevede la legge, avrebbe gli stessi effetti di una "bomba" per Gradisca, con un micidiale impatto sul tessuto sociale del territorio. L’esperienza insegna che tutto ciò che circonda queste strutture può rivelarsi preoccupante. Diverso – continua il responsabile del sindacato – è il discorso legato alla prima identificazione e al soccorso, così come previsto da quella nota informativa del prefetto. Ma ci sono due controindicazioni: la prima è che si rischia di fare un doppione dell’ex collegio San Giuseppe oggi gestito dalla Caritas, la seconda si riferisce al pericolo che siano trasferiti a Gradisca per essere identificati tutti i clandestini rintracciati nel Nord-est». Il Lisipo chiede di risolvere la "vexata quaestio" in questo modo: realizzando una struttura di accoglienza in una delle caserme dismesse disseminate sul Carso triestino: «In modo tale – sottolinea Ferone – che siano lontane dai centri abitati. E poi, alla luce di queste considerazioni e di quello che è successo alle frontiere in questi ultimi anni, sarebbe ora di introdurre il reato di immigrazione clandestina».